di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Dobbiamo immaginare un tempo che, stando alla nostra percezione, sembra molto lontano, tipo 3.000 anni fa. Usi e costumi ancora arcaici, se visti oggi, un’agricoltura faticosa ma in realtà moderna per il tempo. Era già in vigore la cosiddetta “domesticazione”, quella degli alberi prima e degli animali poi, quindi i primi allevamenti. C’era una visione produttiva e non semplice sostentamento. Il rito della caccia, come unica forma di approvvigionamento del cibo, resta ancorato alla sfera preistorica e ai dipinti rupestri. Tuttavia, per quanto moderna fosse 3.000 anni fa, era pur sempre un’attività portata avanti con estrema fatica, senza mezzi, senza le conoscenze odierne e alla mercé delle intemperie, delle scorribande e delle razzie nemiche. C’era bisogno di protezione, degli dei e dei riti propiziatori, soprattutto ai cambi dei cicli stagionali. In particolare, un po’ in tutto il territorio che oggi è l’Italia, con gli Antichi Romani si supponeva che, a partire dal solstizio invernale, per 12 notti consecutive, figure di donne sorvolavano i cieli al di sopra dei campi coltivati propiziando la fertilità dei futuri raccolti. In altre aree europee c’erano credenze e riti similari.
Con la cultura cristiana sono cambiate le cose, ma in fondo non troppo. Dapprima vengono condannati i riti pagani, in quanto satanici – e l’immagine va subito ai roghi e alle streghe – ma poi rielaborati e resi credibilisecondo le esigenze della Chiesa. Viene così creata la festa dell’Epifania che, guarda caso, rispetta come nel passato il numero 12: dodici notti dopo il Natale. La Befana, figura femminile, ambigua tra il Bene e il Male, via via è diventata dispensatrice di doni, versione femminile di Babbo Natale. Nell’immaginario dei bimbi resta forte la scenografia della calza colorata appesa al camino, più per averla letta nelle fiabe (o sentita leggere) che per averla vista. I camini nelle case sono rari ed è più facile far trovare i regali vicini all’albero di Natale non ancora disfatto. E il ciclo si chiude: si inizia con i regali del barbuto di rosso vestito con la slitta trainata dalle renne e si chiude con la vecchietta che riesce a volare con la scopa. Il primo opulento e organizzato (ed infatti i regali natalizi sono normalmente più ricchi), la seconda più povera e magra e regali in linea: più semplici e solo per i bambini più piccoli.
Ma perché la Befana è vecchia e malconcia? Proprio nel rispetto delle origini. La credenza voleva che quel tipo di persona rappresentasse la personificazione del passaggio dal vecchio al nuovo, da un ciclo che si chiude con il solstizio d’inverso a quello che si apre guardando avanti, verso i nuovi raccolti, verso giornate più lunghe e soleggiate. Stessa cosa nella Chiesa: si passa dal Tempo Liturgico di Natale a quello Ordinario. Non a caso c’è il detto che dice “Epifania tutte le feste porta via”. A noi adulti il compito di non tradire il sacrosanto bisogno, da parte dei bambini, di credere a queste fantastiche figure senza tempo e senza confini. Continueremo a vedere abili donne acrobate, vestite da Befana, scendere con l’aiuto di un cavo da un campanile o da un palazzo, con un sacco in spalla pieno di leccornie dove, non di rado, il dolce più accattivante è proprio quello che simboleggia il carbone.
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