di REDAZIONE –
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Lamine, Omar e Samba. Dietri i loro nomi drammatiche storie di emigrazione dall’Africa, una straordinaria dignità e l’obiettivo di una vera integrazione nel segno del rispetto tra chi accoglie e chi è accolto. Una lezione di vita per gli studenti delle classi quinte del Liceo Scientifico Rosetti di San Benedetto del Tronto che venerdì 12 gennaio, dopo la proiezione del film di Matteo Garrone “Io capitano”, hanno avuto l’opportunità di conoscere i tre giovani, giunti da Gambia e Senegal, che sulla pellicola proiettata al Teatro Concordia hanno riletto non senza sofferenza il proprio vissuto. L’appuntamento, che per le quinte del Rosetti rientra nella programmazione interdisciplinare di Educazione Civica, è stato realizzato grazie alla collaborazione tra l’istituto superiore, l’Amministrazione Comunale e la Caritas.
La nota vicenda cinematografica proposta ai ragazzi è quella di Seydou e Moussa, due giovani senegalesi che abbandonano l’Africa per arrivare in Europa dove realizzare il proprio sogno di riscatto, dopo aver sperimentato violenze e soprusi, ma anche gesti di solidarietà, tra deserto, centri di detenzione libici e viaggio in mare. Un film che ha calamitato l’attenzione degli studenti verso il grande schermo grazie ad una storia che, nel riprendere la struttura delle antiche narrazioni epiche, l’ha calata nel dramma contemporaneo a cui troppo spesso però si presta scarsissima attenzione. Il confronto seguito alla proiezione ha permesso a studenti e insegnanti di porre alcune domande a Lamine, Omar e Samba, anche sulla scorta degli spunti offerti dal professor Saverio Ciarrocchi, già docente del Rosetti ed oggi impegnato in prima persona nell’accoglienza a chi non ha un alloggio, e di don Gianni Croci, responsabile della Caritas Diocesana.
«Tutti voi siete in procinto di lasciare le vostre case per affrontare una vita in un altro luogo, perché con lo studio volete realizzare i vostri obiettivi; così avviene per i giovani di tanti paesi, soprattutto svantaggiati, ma non solo. Le migrazioni esistono da che esiste l’uomo – ha detto con grande semplicità don Gianni– e fermarle è impossibile perché è impossibile che si smetta di credere in una prospettiva migliore. Il nostro obiettivo non era quello di discutere dell’immigrazione in termini politici, ma quello di sollecitare lo spirito dell’accoglienza perché dietro il volto di ogni immigrato c’è una persona, con il suo bagaglio di vita ed esperienze, e se manca l’accoglienza la strada diventa cattiva consigliera per coloro che arrivano».
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