Momenti di “assenza” con il Kristjan Randalu Trio al Cotton Jazz Club

di PIER GIORGIO CAMAIONI (PGC) –

KRISTJAN RANDALU TRIO – “ABSENCE” – KRISTJAN RANDALU  PIANO, NELSON VERAS  CHITARRA, MARKKU OUNASKARI  BATTERIA

ASCOLI PICENO – COTTON LAB  (Cotton Jazz Club, Ascoli, 19 aprile 2024). Pensavo fosse un trio strano. Ci sono – ma non è una barzelletta – un estone, un finlandese (due dirimpettai del freddo quasi vicini di casa, quasi russi), con in mezzo un brasiliano che non sembra brasiliano. Tre giovani ad occhio della stessa età, nerovestiti come usano gli architetti. Mai visti e mai sentiti prima (o sono sempre io l’impreparato, come a scuola). E senza contrabbasso – che intanto mi pare una strana “assenza”. Nella penombra del non pienissimo silenzioso Cotton, stasera ci si guarda e ci si saluta più col sorriso che con le parole (che strano, si son dimenticati d’accendere quel buon jazz d’accoglienza…), tra ombre che si cercano, che indugiano dove sedersi, che forse pensano: “ABSENCE”, cosa sarà che manca?

No, al concerto non mancherà niente, anzi. Saranno tutte presenze (“presence”?) consapevoli di bellezza di ascolto di giusta e rara musica: indispensabili momenti di assenza del superfluo, che normalmente ci mancano perché ce li fanno mancare, o ce li rubano.  Poi, non serve raccontarlo questo (strano) trio – almeno io non so farlo – anzi penso sia impossibile: il piano di Kristjan Randalu che irradia musica autoprodotta, improvvisata, romantica e abbagliante, rigorosa e asburgica, lirica e jazz (somiglia un po’ – essendone anche profondamente diversa – a quella di Keith Jarrett), che sembra suonata su 2 pianoforti distinti – uno di circa 3 ottave l’altro di 4 – in qualche modo “comunicanti” manco fossero i famosi vasi di Stevino… (una parte dei bassi del primo funzionano spesso anche da mezzo contrabbasso – che non c’è – mentre le note dell’altro mezzo contrabbasso mancante fuoriescono dalla chitarra di Nelson Veras!).

La batteria di Markku Ounaskari, che con leggerezza crea continui spazi liberi per la mente piuttosto che ritmiche divisioni o confini, evoca (immagino, non ci sono mai stato) popolari presenze di tradizioni e storie di Finlandia, di vite da romanzi russi, con slarghi paesaggistici di meditazione del Grande Nord. Mai Markku bastona i piatti, piuttosto li sfiora con le punte! In mezzo, la semiacustica di Nelson Veras che non si è mai fermata, anche perché essendo lei la terza solista su tre, nessuno spartito glielo ha permesso. Kristjan la coinvolge in tutto, dai complicati contrappunti aerei all’imperioso protagonismo confortante di (mezzo) contrabbasso.

Assenti gli accordi fascinosi ma arrembanti alla Jimmi Villotti, niente tracce di Sudamerica, ma decise sonorità di pianoforte, arpeggi d’acqua, dissonanze, per visioni e silenzi e rumori di foreste e di laghi… E a riprova che il movente del jazz è ovunque ci sia ansia e coraggio di liberazione e sperimentazione, Randalu, da solo, ci offre anche il “suo” Schumann delle canzoni romantiche, forse più alla mano per noi. Interpretandolo sempre nella scia della sua formazione classica, ne emerge un ritratto oltre il limite della scena rituale, pieno di astrazione, di poesia, di assenza. É l’essenza del jazz nordico, cui non manca niente.

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