di REDAZIONE –
Federico II, San Francesco e il sultano al centro della prima giornata del Festival Stupor Mundi a Jesi e il Maestro Angelo Branduardi fa cantare il pubblico. La figura dell’imperatore svevo nella didattica scolastica e nel mondo dei videogiochi gli altri temi trattati –
JESI – «Valorizzare la storia e il territorio delle Marche attraverso i suoi personaggi più famosi, è questo lo spirito con il quale è nato il Festival Stupor Mundi». William Graziosi, ideatore e direttore del Festival, ha inaugurato con queste parole la seconda sessione dell’evento che si svolgerà fino all’11 maggio all’hotel Federico II di Jesi dopo le giornate di aprile alla Mole Vanvitelliana di Ancona. Una prima giornata che si è conclusa con l’esibizione del Maestro Angelo Branduardi che ha fatto cantare tutto il pubblico con la sua intramontabile “Alla fiera dell’est”. Nel corso della giornata si sono susseguiti i diversi studiosi che hanno affrontato la figura dell’imperatore svevo sotto diversi aspetti, da quello della didattica a quello ludico, dalla presenza di Federico II nei manuali scolastici a quello museologico, per concludersi con il racconto dell’incontro tra San Francesco, l’imperatore svevo e il sultano al-Malik al-Kāmil.
Il professor Fulvio Delle Donne, direttore scientifico del Festival, dopo aver ricordato e ringraziato la Regione Marche, i Comuni di Jesi e Ancona, le università e gli istituti di ricerca che hanno appoggiato l’evento, ha parlato della sessione dedicata alla didattica e dell’importanza “di studiare e insegnare Federico II” per l’alto valore del suo lascito (al centro dell’iniziativa per renderlo patrimonio culturale immateriale dell’Unesco) e di come l’imperatore “possa ancora insegnare qualcosa” per comprendere “la memoria complessa che si trova alle nostre spalle” e per “guardare quello che si pone davanti a noi”. Rita Scocchera, dell’Ufficio scolastico regionale delle Marche, ha portato il saluto della dirigente Donatella D’Amico, ha voluto sottolineare “l’importanza di integrare il passato nelle nostre vite” e di come eventi come il Festival siano “una splendida occasione di conoscere noi stessi”.
Marcello Pacifico, dell’associazione nazionale insegnanti e formatori, ha avuto il compito di moderare la prima sessione sul tema “Cosa può insegnare (e come insegnare) Federico II?”, ricordando come l’imperatore abbia vissuto “tre vite, visto passare quattro papi”, stretto parentela con le maggiori casata europee, posto le basi per il sapere laico e affrontato questioni militari, economiche e diplomatiche in quello “spazio euromediterraneo che oggi assurge a nuovi interessi politici”. Il professor Antonio Brusa, della Società italiana di didattica per la storia, ha illustrato i tre motivi “per parlare di Federico II nelle scuole, a partire da quelli scintillanti della corte, dell’harem, dei vestiti e degli animali” che facevano parte della sua collezione. In primo luogo “il potere che non è l’espressione della violenza, ma il controllo dell’apparato “statuale” che permette di dare un ordine nella certezza che venga eseguito”. Un secondo elemento è costituito dal rapporto con “gli altri”, presenti nei suoi domini e nella sua corte, quindi un esempio di convivenza, ma anche di ghettizzazione quando questi altri, saraceni ed ebrei, costituiscono un pericolo per il potere. Terzo elemento è la costruzione del mito, che inizia “con il parto di Costanza nella piazza di Jesi”, ed è strumento di governo.
La professoressa Claudia Gambini, del liceo Savoia-Benincasa di Ancona, ha offerto una carrellata sulla trattazione di Federico II nei manuali scolastici, ancorati ad alcuni stereotipi e che lasciano tante questioni aperte che “appiattiscono la figura di Federico II e non permettono di affrontare la visone universalistica dell’imperatore”. Lucia Basili, responsabile del Museo Federico II di Jesi, ha illustrato le attività svolte con studenti e adulti, partendo da tre principi cardine: «Immersività, innovazione e narrazione per fare del museo un luogo del piacere, dove ogni visitatore si sente accolto, come se si stesse aspettando proprio lui per vivere un’esperienza divulgativa e di formazione». Giuseppe Losapio, della Società italiana di didattica della storia, ha portato gli ascoltatori nel mondo ludico dei wargame, videogame e giochi da tavolo, in un viaggio alla ricerca di Federico II (anche se la presenza dell’imperatore è molto ridotto, quasi nulla, “il vero brand è lo Stupor Mundi” ha affermato), ma ricordando l’utilità del gioco per l’insegnamento della storia, attraverso l’analisi della complessità, per comprendere e riflettere. Losapio ha anche proposto un adattamento ludico del libro di Fulvio Delle Donne “La crociata della pace” in cui i giocatori, partendo dalle trattative per la riconsegna di Gerusalemme, devono indagare su un omicidio di un diplomatico dell’imperatore.
La seconda parte della giornata ha affrontato il tema “Federico II, le arti e il sapere: eredità di un patrimonio da riscoprire” ed è stata preceduta da un’esibizione del gruppo di danza medievale “Saltica”, degli sbandieratori del Palio di San Floriano e una dimostrazione di combattimento con la spada, mentre il giullare Gianluca Foresi ha imperversato con le sue rime ironiche e taglienti. Spazio anche al sindaco Lorenzo Fiordelmondo che ha voluto ricordare che “questa è la casa di Federico II, è nato qui e poter ospitare un Festival come questo, che pone al centro la sua vita e il suo lascito è molto importante. I temi trattati, come la pace, il dialogo e l’incontro di saperi, inoltre, sono ancora centrali nella nostra epoca ed è fondamentale poterli analizzare e conoscere”.
Federico Fioravanti, direttore del Festival del Medioevo di Gubbio, e Fulvio Delle Donne hanno dialogato sulla figura di Federico II partendo dagli articoli che le ultime tre uscite mensili della rivista “Medioevo” hanno dedicato al Festival Stupor Mundi, partendo proprio da questo appellativo “che deriva dal cronista Matthew Paris che conia questo termine alla morte dell’imperatore – ha ricordato il professor Delle Donne – quando scrive che è morto Federico II, stupor mundi, modificatore meraviglioso. Termine che aveva, però, già utilizzato per descrivere Innocenzo III”. Il dialogo è proseguito con un accenno alla crociata della pace, “portata a termine da scomunicato” per concludersi con la nascita a Jesi “che nel caso non fosse vera non toglie nulla alla città né valore all’evento – ha detto Delle Donne – Boccaccio la scrive tre volte in altrettante sue opere e consegna questo fatto alla storia. Evento che può diventare un’operazione di marketing territoriale per le Marche”.
Il giornalista Mario Prignano, capo redattore centrale TG1, ha conversato con Antonio Musarra dell’Università La Sapienza di Roma e con il direttore scientifico Fulvio Delle Donne sul tema dell’incontro tra l’imperatore Federico II, San Francesco e il sultano al-Malik al-Kāmil, analizzando il diverso spirito che ha animato i rapporti tra i tre personaggi. Per Delle Donne “la crociata della pace di Federico II è insolita. L’imperatore parte da scomunicato, riconquista Gerusalemme senza spargimento di sangue, la riconsegna alla cristianità, ma la scomunica non gli viene tolta, anzi deve fare una guerra contro il papa per riprendere possesso del sud Italia”.
Per Musarra bisogna distinguere la crociata “istituzione da quella movimento. La prima è quella indetta dal Papa per la riconquista della Terra Santa, ma usata anche come strumento di lotta politica contro gli avversari – ha detto il professor Musarra – la seconda è quella di chi va a Gerusalemme in pellegrinaggio (che poi è il termine che indica la crociata a quel tempo) per visitare la città reale, ma che è anche la città celeste. Francesco si inserisce in questo secondo filone”. «Per quanto attiene all’incontro “Federico II e il sultano sono due capi di Stato, i più potenti del mondo di allora – ha detto Delle Donne – Entrambi devono affrontare difficoltà politiche nei loro domini. Vivono nel mondo e lo devono governare, per questo si accordano per una pace senza combattere».
Francesco è animato da intenti spirituali, vuole predicare e convertire. A differenza del dialogo tra Federico e il sultano, però, di quell’incontro abbiamo solo fonti cristiane che ci restituiscono un San Francesco “che non aderisce alla lotta armata, ma che non la disdegna come strumento per forzare l’ascolto della predicazione – ha riferito Musarra – I Fioretti ci riportano la vicenda del santo bastonato, costretto a camminare sulle braci e a giacere con una prostituta. Dalle fonti possiamo, invece, capire che Francesco fu accolto e ascoltato, grazie anche alla presenza di cristiani copti, proprio perché non si pose davanti al sultano nella forma della disputa aristotelica, ma perché parlava delle Scritture e con l’esempio di vita che lo fecero apparire ai musulmani come uno di quegli eremiti che ben conoscevano e che rispettavano”. Prima dell’esibizione di Angelo Branduardi ha preso la parola il consigliere regionale Carlo Cicciolli, promotore delle legge regionale per la valorizzazione della figura di Federico II, che ha voluto ricordare il dovere di “rivendicare con forza la memoria dell’imperatore e valorizzarne la figura. Questo Festival è un primo seme che porterà frutto per il bene delle Marche”.