di REDAZIONE –
RIPATRANSONE – Nel complesso panorama internazionale una stella dell’arte italiana continua a risplendere: se è noto il valore artistico e umano di Mario Vespasiani è altrettanto vero che fin dagli esordi non ha smesso di dare risalto ai luoghi dove ha aperto il primo studio, alimentando un tessuto culturale che solo i più vivaci centri possono vantare. Così con l’arrivo dell’Arcivescovo Gianpiero Palmieri a Ripatransone per la solenne celebrazione eucaristica che ha sancito il suo ingresso nella Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto città che divenne vescovile con papa Pio V nel 1571, l’artista ha risposto presente con la sua consueta generosità alla richiesta della comunità di dare forma figurata al più caloroso benvenuto a S.E. Palmieri.
Il Vescovo accolto dalle autorità civili e militari, dai rappresentanti di tutte le Confraternite poco prima aveva percorso le vie della Città insieme ad un folto corteo, accompagnato dalle note del Corpo bandistico di una comunità vestita a festa: dalle finestre infatti scendevano drappi color rosso granata rifiniti con raso dorato, colori che richiamano lo stemma comunale, insieme ad altri stendardi e bandiere, rimanendo piacevolmente colpito dallo studio di Mario Vespasiani collocato con le sue vetrine proprio sul corso. In occasione della sua prima omelia rivolta ai fedeli delle comunità ripane riunite domenica 21 luglio, alle ore 11, presso la Basilica Concattedrale in Ripatransone, Palmieri ha più volte richiamato quel concetto di bellezza che ha poi ribadito, ammirato, davanti alla grande opera di Vespasiani che gli è stata consegnata. Aggiungendo come “oggi viviamo un tempo della Chiesa straordinario, meraviglioso, perché c’è fame di senso per la vita e d’amore, di spiritualità e di riposte esistenziali profonde”, tutte caratteristiche presenti nell’opera di Vespasiani.
Dopo i riti di comunione, il parroco don Nicola Spinozzi a nome della comunità, ha svelato l’opera dell’artista, il quale, presente tra le autorità, è stato poi invitato ad illustrare il significato del maestoso dipinto: «In questa tela ho provato ad unire due momenti fondamentali della vita di Cristo: il Battesimo, posto all’inizio della sua predicazione e l’Ascensione, che invece si colloca alla fine della sua esistenza terrena. Il Battesimo va colto nel simbolo dell’acqua e della mano del Padre che appare in cielo. L’Ascensione, invece, si scorge osservando ai lati dove tutto si infiamma, dove gli apostoli sono diventati testimoni ardenti. Acqua, aria, terra, fuoco e spirito: tutti gli elementi presenti».
Prosegue Vespasiani: «Ho cercato di unire anche la tradizione pittorica occidentale con l’iconografia ortodossa, come in un grande abbraccio di culture spesse volte distanti ma che fanno riferimento ad un unico messaggio. Così come io mi sento un esicasta di fronte alla sua icona, mi piacerebbe far emergere proprio il senso dinamico e “geografico” delle nostra fede, che supera i confini umani e mentali per fondersi col tutto. La vita di Gesù, infatti, è stata ormai una testimonianza che chiunque ha potuto ricevere ed è per questo motivo che, chi ha deciso di seguire i suoi insegnamenti, porta con sé, specie nel nostro tempo materialista, la stessa fiamma di vita. Questa tela in fin dei conti vuole ricordarci che Gesù il Cristo è in ciascuno di noi e che, se vogliamo, possiamo seguirlo e divenire chiara luce per chi ci è prossimo. L’opera a tal ragione sviluppa il senso della verticalità in uno moto dello Spirito che sale e scende ad abbracciare l’umanità, ma che al contempo si irradia come a tramettere un calore ancora attuale».
Vespasiani ha poi ricordato della pura emozione quando ha visto il suo dipinto trasportato dal vicesindaco e da un priore dal suo studio alla Cattedrale, un fatto dall’eccezionale valenza simbolica, che si è ripetuto in passato solo una volta, nel 1311 quando la Maestà di Duccio di Buoninsegna a Siena fece lo stesso tragitto bottega-duomo, accompagnata dalle autorità. Un’ulteriore dimostrazione della predestinazione di un artista, di quel rarissimo carisma che vive in Vespasiani, testimone di un’esemplarità nei modi, nelle intenzioni e in definitiva nelle opere.
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