Il risveglio dell’ulivo, un piccolo “miracolo” generato da attesa e fiducia

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Tre anni di vita, un periodo di crescita continua per un bel bonsai di ulivo. Poi, del tutto inaspettatamente, le foglie cadono, i rami seccano. Le radici non aderiscono più al terreno. Sembrerebbe da buttare via. Sembrerebbe.
Avevamo acquistato il piccolo albero, insieme ad un bel vaso basso, presso un fornitissimo negozio. Gli avevamo riservato un ideale posto al sole, sul davanzale di un balcone con lo sguardo a sud est. Lo abbiamo nutrito con concimi adeguati e regolarmente annaffiato. Spesso si andava in balcone anche solo per guardarlo: non gli mancavano affetto ed attenzioni e nulla faceva presagire un’inversione di tendenza al suo rigoglio. Dapprima, notiamo che qualche foglia cade ma non sorprende più di tanto. Rientra nell’ordine delle cose, in botanica. Poi si comprende che qualcosa non va. Si inizia con una terapia nutritiva che non funziona. In pochi giorni ci ritroviamo un alberello scheletrico e senza vita. Ma la speranza non va mai negata. Anzi. È quello il momento in cui la fede che tutto è possibile va sostenuta e rinforzata. La fede, questa meraviglia della coscienza che, purtroppo, verrà sempre equivocata, scambiata per adesione quanto invece è una sottile forma di distacco che porta ad altro, come il sentirsi umile conduttore di una energia che non puoi conoscere, ad esempio.

La scelta, nei confronti dell’ulivo, è quella di portare il piccolo albero in un altro ambiente, in campagna. Gli si cambia il vaso per dargli una terra diversa e più abbondante. Gli si offre uno spazio di luce e silenzio e, semplicemente, un po’ d’acqua un paio di volta a settimana. Nessun concime, nessuna particolare attenzione se non l’attesa che, inizialmente, sembra inutile. Per un mese circa l’alberello mantiene il suo stato rinsecchito, forse aggravato. Ormai anche la speranza se ne va, non ha più alcun senso illudersi che possa rifiorire, ma visto che non dà alcun fastidio lo lasciamo dov’è, a ricordo di ciò che è stato. Qualche tempo dopo notiamo una minuscola fogliolina. Sola una. Ma è viva, è segno che le radici hanno ripreso il loro percorso, hanno risposto ad un richiamo di vita radicandosi e fornendo linfa vitale. Da quel giorno il risveglio è inarrestabile. La foglia cresce mentre ne compaiono altre e su più parti.

L’ulivo è un albero resiliente per eccellenza, non a caso è una pianta ritenuta sacra in più di una cultura, amata anche da Francesco d’Assisi. Ma senza scomodare Santi e Filosofie, resta la bellezza di ciò che la Natura sa fare ed insegna, richiamandoci alla necessità di crederci e rispettarla. Richiamandoci anche al dovere della fiducia e della pazienza di agostiniana memoria. Nell’ottica di questo tempo, dove vige fretta e impulsività, in un crescendo di competizione che logora il buon senso e la sensibilità, l’atteggiamento più probabile, in molti, sarebbe stato quello di buttare via la piccola pianta senza più vita apparente e, al massimo, comprarne un’altra. L’usa e getta, tanto caro alla società dei consumi, non può essere il faro dell’esistenza, non possiamo lasciarci guidare da qualcosa che, oltre che alimentare il mercato con relativo spreco di risorse, rende le nostre stesse vite a “consumo”. L’esistenza è fatta di istanti ed ognuno di essi ha una sua potenzialità, una radice che può attecchire.

In ogni cosa c’è il seme nascosto in attesa di un risveglio. Talvolta la vita ci sembra un quadro mal dipinto, un mosaico incompleto. Ma quanti pittori bistrattati dai critici del tempo, oggi sono considerati dei precursori di nuove vie espressive? Quanti maestri della letteratura si son visti rifiutare la pubblicazione da editori importanti ma miopi che guardavano solo alle mode del momento? Pittori e scrittori che non volevano un piedistallo ma solo essere ciò che sentivano di essere. Così sono, debbono essere, le nostre vite. Debbono nutrirsi di percezioni ed elaborare la consapevolezza. Debbono essere capaci di distacco dal senso comune. La storia dell’ulivo risorto non ci parla di miracolo ma di fiducia e di attesa senza clamore. Ed è particolarmente bello e gratificante poterlo osservare di nuovo.

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