di ROSITA SPINOZZI –
ALTIDONA – Ci sono serate che, lo percepisci subito, non ti abbandoneranno mai perchè sono il preludio di qualcosa di meraviglioso. Serate che hanno la rara capacità di spalancare le porte di stanze che abitano il nostro cuore di cui neanche immaginavamo l’esistenza. Serate in cui il tempo fa un inchino alle cose passate facendoci tornare indietro l’essenza più vera di esse. Un piccolo miracolo, perchè Avec le temps va tout s’en va. Avec le temps … on n’aime plus. Ha ragione Léo Ferré, il “più francese degli chansonniers”, come era solito definirlo il celebre collega Gilbert Bécaud. Eppure sabato scorso, 16 novembre, il numeroso pubblico presente nella Sala Colonna dell’Accademia Malibran per assistere a l’hommage “L’Amour, l’Amour Toujours”, non ha avuto la certezza di amare sempre, parafrasando il titolo, ma per sempre. E quel “per” fa la differenza, eccome se la fa. Mai sottovalutare le preposizioni semplici, soprattutto in questo caso. Ma partiamo dall’inizio. Come di consueto arrivo in anticipo perché mi piace respirare l’atmosfera che precede eventi di questo genere, farmi sommergere dall’entusiasmo dell’amatissimo prof.Giuseppe Gennari che mi ha letteralmente preso per mano in questo lungo viaggio che percorriamo insieme alla conoscenza del genio artistico di Ferré.
Il concerto è dedicato al condottore radiofonico e giornalista Paolo de Bernardin, grande estimatore del repertorio “eroico e sublime” di Léo Ferré. Ogni anno l’Accademia Malibran organizza un evento in sua memoria, in segno di riconoscenza per il suo inestimabile contributo al mondo della musica e della radio. Il prezioso patrimonio artistico-culturale di Paolo de Bernardin, donato da Mario Celeste e custodito dall’Accademia, rappresenta un tesoro di migliaia di Cd e libri, molti dei quali dedicati a Léo Ferré: un costante richiamo alla bellezza e alla profondità dell’arte. Il mio pensiero abbraccia il ricordo di Paolo che, sono certa, assisterà alla serata dalla più autorevole sede del Cielo. Mi mancherà il tradizionale “scambio di idee” di fine serata, accompagnato dal suo luminoso sorriso. In compenso so già che condividerò la serata con persone che stimo molto, rivedrò la signora Maria Cristina Ferré e, come sempre, ci sarà un pubblico attento e partecipe. Ed ecco il mio cuore scricchiolare di felicità alla vista di Andrea Satta dei Têtes de Bois con il suo immancabile cappellino, insieme alle sue adorabili “teste di legno”. Magnifica padrona di casa Rossella Marcantoni, un’esplosione di talento e gentilezza, a cui dobbiamo l’esistenza di un piccolo gioiello come l’Accademia Malibran che, oltre a rendere lusto ad Altidona, ospita la prestigiosa rassegna di Concerti Oro, dove ogni concerto è davvero una perla preziosa di una collana che, ci auguriamo, sia lunghissima.
Al prof.Gennari l’onore e l’onere di aprire la serata con le sue argute riflessioni, i suoi immancabili voli pindarici, il suo ricordare che l’opera somma del grande Léo Ferré è troppo bella e preziosa per essere tenuta prigioniera in uno scrigno dorato destinato soltanto a pochi eletti cultori, trasuda troppa verità per essere salvaguardata da contaminazioni. Pertanto è immortale, e da qui il riferimento al concetto di immortalità espresso nella poetica di Andrea Zanzotto, che Gennari ama definire suo “filosofo” preferito. Doveroso rivolgere una nota di merito ad Alessandra Callarà per la sua elegante presentazione che ha piacevolmente accompagnato i presenti nelle varie fasi dell’hommage a Léo Ferré. Al via la prima parte della serata con Rossella Marcantoni e Davide Martelli, rispettivamente soprano e pianoforte. Un’alchimia perfetta: la voce meravigliosa di Rossella ha toccato vette inesplorate in un repertorio che ha spaziato da Jean Paul Egide Martini, Francis Poulenc, Léo Ferré, Marguerite Monnot, sulle ali della musica di Davide Martelli, giovane talento di eccelsa bravura. In un silenzio ovattato il pubblico in sala ha percepito tutta l’emozione trasmessa da Rossella, che vanta una carriera internazione suggellata da prestigiosi riconoscimenti: la sua è una voce unica a cui hanno fatto da cornice la sua bellezza di donna e la raffinata gestualità che ha accompagnato i momenti più alti dell’esibizione. La simbiosi con Martelli è immediata, il pubblico ha applaudito con slancio sincero. Da vero gentiluomo Davide ha lasciato grande spazio a Rossella, ma il suo talento ha fatto voli altissimi.
Poi arrivano loro, i Têtes de Bois: Andrea Satta (voce), Luca De Carlo (tromba), Stefano Ciuffi (chitarra), Carlo Amato (basso), Angelo Pelino (pianoforte). E il miracolo si compie. Ascoltare il loro omaggio è come percepire la presenza di Ferré tra di noi. Trentadue anni di percorso artistico insieme, vincitori due volte del Premio Tenco e non solo. Ne è passato di tempo da quel lontano 1992 che li ha visti debuttare in piazza Campo de’ Fiori a Roma, sotto la statua di Giordano Bruno, con le canzoni di Ferré e Brassens, le poesie musicali di Baudelaire, a bordo di un camioncino acquistato da un rigattiere e diventato palco ambulante. Un’immagine che è già di per sè poesia. Lo spirito è ancora quello, il repertorio si è ampliato, il loro talento è prodigioso. Così grande e coinvolgente da aver fermato in tempo sulle note del repertorio di Ferrè con testi tradotti nella versione italiana da Giuseppe Gennari, Enrico Medail e lo stesso Satta. Si sfiora il concetto di poesia, si ricorda che Ferré va ben oltre perchè estrae musica dalla poesia, si scherza un po’ sulla “scappatella” di Andrea Satta che, dopo un trentennio di “matrimonio” con il gruppo si è concesso un disco come solista: può capitare, certo. Ma in una canzone suonano pure i Têtes de Bois, quindi è “perdonato”. Si scherza anche su una sorta di “pessimismo cosmico” che affligge Luca De Carlo, che ha l’arduo compito di riportare il gruppo alla realtà: “Felici come mai” di Ferré, lui la intende come “Felici, come mai?”. E si torna al valore della punteggiatura. E vai con “Sono chi sai”, “Non si può essere seri a diciassette anni” (neanche a ottantadue! Grida felice Gennari tra il pubblico), “Gli anarchici”, “Tu non dici mai niente”, “Il battello ubriaco”, “L’albatros”, “Pattinava”, “Il mare e la memoria”, “La maliziosa”, “Ti rivedo ancora”. Meraviglia allo stato puro. Tripudio di applausi. Amo profondamente i Têtes de Bois.
La serata si conclude con un brindisi nella Sala Malibran, quasi a voler trattenere ancora a lungo le emozioni. È davvero cosa rara assistere ad un evento di questo livello, altrettanto rara condividerle con un pubblico così partecipe. Saluto gli amici e stringo nuove amicizie. Il prof.Gennari ha gli occhi lucidi di commozione e felicità, non ha più parole per esprimere il suo entusiasmo. É lui l’artefice di tanta bellezza, è un gigante. Come Paolo. Incrocio lo sguardo di Maurizio Silvestri, si pensa già ad un Revival Ferré a giugno, nella concessione Vinoammare, a San Benedetto del Tronto. Pensiamo che ci vorrebbe almeno un Festival Ferrè ogni settimana per stare bene. Che a volte anche le cose belle ritornano. E quando ritornano, dobbiamo tenercele strette.
Copyright©2024 Il Graffio, riproduzione riservata