“Iniziativa Promossa dall’Associazione AGAPE Caffè Letterari d’Italia e d’Europa”
GIOVEDI 19 DICEMBRE 2024
NONNO CASTAGNO
A Valle Castellana, che fu parte del Regno Borbonico al confine con lo Stato Pontificio, imperversarono per secoli i briganti che si rifugiavano nelle sue foreste. Finchè un bel giorno arrivò il prode Massimino che si fece attrarre dai paesaggi incontaminati dei Monti della Laga coi suoi rigogliosi ruscelli e fiumi e le rigogliose foreste (fatte di castagneti, abeti bianchi, olmi, faggi, frassini, tigli e querce). Questi s’innamorò di quei piccolissimi borghi medievali e mulini abbandonati e decise di metter li radici. Per prima cosa fece sua la Grotta della Paura sgominando la Banda del Guercio mettendo fine alla leggenda che narrava di molte persone morte di spavento in prossimità di essa a causa dei briganti. Lì Massimino che di cognome faceva Di Marcantonio, conobbe a Leofara una fanciulla di nome Adele del Casato dei Corelli, mentre visitava il castagneto plurisecolare di Morrice e sotto l’albero monumentale del 1300 largo 14 metri, il loro amore trovo riparo imperituro.
Il bosco incantato e in particolare il Piantone di Nardò, chiamato pure Nonno Castagno diedero vita alla stirpe Di Marcantonio che è arrivata fino ai giorni nostri con le sue discendenze. Dalla loro unione nacquero due bambini, Anselmo ed Enea. Andavano sempre a giocare nel bosco e, annoiati dei soliti giochi, lanciavano continuamente sassi nel Fiume Verde. Improvvisamente udirono il lamento di un uomo. «Chi sarà?», si domandarono Anselmo ed Enea, e non vedendo alcuno dissero: «Chi sei? Come ti chiami? Perché ti lamenti?».
«Mi chiamo Manfredi di Svevia, da molti lustri quel che restava di me morituro fu per ordine papale gettato nel Fiume Verde che bagna la Valle Castellana. «Noi cosa possiamo fare per te» disse Enea, «Solo la preghiera di due bambini dal cuore puro come voi potrà consentire alla mia anima di raggiungere il Paradiso, altrimenti come scrisse Dante Alighieri nel Canto III del Purgatorio, la mia Anima resterà qui a soffrire, prigioniera di queste gelide acque e il mio dolore partorirà ogni giorno questo colore verde nella speranza di incontrare dei bambini dal cuore sincero che possano mettermi in salvo. Dante scrisse già del mio pentimento e a lui feci richiesta di avvertire mia figlia per salvarmi dal Purgatorio con le sue innocenti preghiere. Cosi infatti lui scrisse nella Commedia del mio patire…
Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi, nepote di Costanza imperadrice; ond’io ti priego che, quando tu riedi, vadi a mia bella figlia, genitrice de l’onor di Cicilia e d’Aragona, e dichi ‘l vero a lei, s’altro si dice. Poscia ch’io ebbi rotta la persona di due punte mortali, io mi rendei, piangendo, a quei che volontier perdona. Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei. Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia di me fu messo per Clemente allora, avesse in Dio ben letta questa faccia, l’ossa del corpo mio sarieno ancora in co del ponte presso a Benevento, sotto la guardia de la grave mora. Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde, dov’e’ le trasmutò a lume spento».
A quelle parole i due bambini si guardarono commossi. Egli replicò: «Non bastaron le preghiere della mia figliola, poiché necessitan ben due bimbi puri per lo miracolo». E così, Anselmo ed Enea, pregarono insieme per tutto il pomeriggio e prima di salutare l’Anima del Re Manfrino, si misero d’accordo per ritornare ancora li a pregare per salvare l’anima del Re Manfredi. Pregarono insieme molte altre volte fino a un bel giorno in cui recandosi al fiume verde, s’accorsero che non era più verde e presero a gridare: «Manfrino, dove sei Re Manfredi?». Per tutta risposta ai canti del Fiume trovarono deposto uno stemma assai simile a quello degli svevi di Castel Manfrino. Capirono che il Re li aveva così ringraziati per il miracolo dei loro preghi.
Tra la gente del luogo s’annidano nascosti agli occhi dei più i discendenti degli antichi briganti che continuano a depredare monasteri e chiese dei suoi bronzi e campane. Una di queste campane annunciava tutti gli anni la venuta del bambinello Gesù nella piccola chiesa di San Giuseppe, in quel delle Rocche di Civitella fino alla visita dei malvagi ladroni che la spiccarono via per stregare per sempre la gioia del Natale. Ma fecero i loro conti senza l’oste, che in questo caso era rappresentato dai prodi Anselmo ed Enea che ancora una volta riuscirono a fare un miracolo e dalla loggia vuota della campana sgorgo un suono celestiale quel Natale che andò in tutte le valli e fin sul mare.
Antonio Lera
Antonio Lera è medico, psicoterapeuta con incarichi di docenza presso le Università degli Studi de L’Aquila e La Sapienza di Roma, ed appartenenze a prestigiose Società Scientifiche Italiane. É anche scrittore e critico d’arte e letterario. Proposto per la candidatura al Premio Nobel per la Letteratura negli anni 2020, 2021, 2023, 2024. Proposto per la candidatura al Premio Internationale Neustadt per la Letteratura nell’anno 2023. Tra i premi e riconoscimenti sono recenti il Premio Procida Elsa Morante 2023 e il
Premio Cecco d’Ascoli 2024 ed infine è stato proposto per la candidatura allo Strega Poesia 2024. Fondatore e Presidente di Agape Accademia Caffè Letterari d’Italia e d’Europa, con tappa nei più prestigiosi Caffè e locali storici d’Italia e d’Europa. Fondatore di un Rotary Club e Past President di due Rotary Club Distretto 2090 Italia, Socio del Rotary E-Club of Latino America, Socio del Rotalatino, Membro dell’Accademia di Bahia, è una delle figure maggiormente distintesi nel campo della cultura e letteratura contemporanea. Vanta 12 pubblicazioni di poesia.
Copyright©2024 Il Graffio, riproduzione riservata