di PIER GIORGIO CAMAIONI (PGC) –
“IKI – Bellezza Ispiratrice”
Francesco Cavestri/piano Riccardo Oliva/el.bass Mattia Bassetti/drums – feat. Fabrizio Bosso/trumpet
ASCOLI PICENO – Cotton Lab 21 marzo 2025 h21
Filosofia giapponese stasera, con IKI si impara. Senza rischiare di apparire un’enciclopedia, ma navigando sia nei variegati noti “mondi del jazz” che in generi musicali altri, cronologicamente distanti, tecnicamente diversi, forse poco compatibili o sentimentalmente perfino “distaccati” (nel senso della Dolce Vita di Fellini). Con poi Bellezza Ispiratrice nell’accezione più ampia, con caldi rimandi alle suggestioni del cinema d’autore e ad ascolti analitici di categorie musicali improbabili, ibride, estinte o futuribili, ma sempre spiritualmente connesse. É il jazz che evolve, bellezza.
Questo giovanissimo trio sembra applicare il concetto di “distacco” anche al modo di suonare: producono il loro fresco jazz – all’apparenza ripetitivo, ma quando mai! – come se prendessero un tè – meglio una cioccolata – delle cinque, con riposata indipendente indifferenza. Musica agile, educata, senza esotismi: sonorità complesse nelle parti armoniche, fuggevoli ombreggiature classiche nei tempi sospesi, conciliazioni timbriche vigorose nei ritmi sostenuti, architetture intriganti, garbate infiltrazioni elettroniche… come ormai usa. Ma generandosi empatia cresce l’entropia generale del concerto – non propriamente in senso termodinamico, anche se in sala ce n’è di calore, ma in jazz. Stasera siamo in tanti nella “nostra” Cotton Lab Wunderkammer, credo soprattutto perché alla tromba – con la sua intimidatoria bravura – c’è Fabrizio Bosso, e quel Mattia Bassetti a destra è proprio di qui, di Ascoli, il batticuore se lo porta…
Un trio che già vale. A partire da Francesco Cavestri, un raro “speciale ragazzo normale” di quelli che purtroppo oggi ne fabbricano pochi. Impensato pianista (sgobbone?) ma non solo: senza le pose da intellettualino, ma con linguaggio scelto e sorvegliato, chiaro facile e breve, lui parla racconta spiega intrattiene e diverte. Parole mai in combattimento tra loro, sempre nel tono “accordato giusto”, gli viene naturale. Veste prudente: ampi pantaloni scuri classici XL di buona stoffa di negozio di stoffe (con le pinces, la riga ben stirata, i sartoriali risvolti da 4 cm), cinta di cuoiomicacoccodrillo, vissuti mocassini bianco-neri più o meno dolce vita anni ’30, ordinaria maglia scura sottogiacca, monotinta, senza marchio nè scritte. Robusti ma instabili occhiali da vista e da studio avari di design, severi. Ripeto: nessun colore addosso. Suona il piano sicuro e composto come lo suona uno bravo nel tinello marron di casa, non gli serve fare scena. Costruendo gotiche cattedrali di note sa farne preziosi mosaici di paesaggi virtuali, di figure libere, di trasparenze, di suoni in movimento. Sperimenta un jazz suo.
Anzi stasera, chissà come e perché, si butta anche a “cantare” – solo solo al piano – un “suo” Luigi Tenco vagamente in jazz, con l’aria oziosa e indagatrice di francesizzante flânerie che da lui ti aspetti: due sole canzoni per portarci lontano, lontano nel tempo… – quando il jazz era diverso e americano, quando qualche visionario pensava vedrai, vedrai… vedrai che cambierà… un giorno dopo l’altro. A Francesco, ormai (quasi) tra i grandi, gli piace sempre da matti stare nel vivaio di Fabrizio Bosso.
Fondamentali nel trio gli altri due ragazzi Riccardo Oliva e Mattia Bassetti. Totalizzano in tre meno di 70 anni, forse un record a questi livelli. Ti chiedi come hanno fatto, come si sono incontrati, se sono nati tutti e tre insieme… stesso anno-giorno-ora? Si vede, come ognuno contagia bravura all’altro: suonano e si guardano, si guardano e suonano… spielen. Sì, davvero giocano.
– Riccardo – dita lunghissime – imbraccia un lungo basso elettrico 6 corde che pare una chitarra. Lo tratta pure da chitarra quando serve, e fa bene. Però io non m’intendo, non so a chi rassomiglia quando suona così, son passati tanti fantastici bassisti al Cotton, lui neanche può averli visti tutti, eppure… Certo, che se fa parte del vivaio di Fabrizio Bosso…
– Mattia guida la batteria come una Ferrari a Montecarlo. Velocità. Precisione. Controllo. Nervi saldi. Pazienza. Resistenza. Sapienti pit stop. Tuoni e silenzi. Morbide carezze, timbri sferzanti dei piatti. Niente tracce di compiacimento sul volto, sogni. Cari e convinti applausi, ascolani. Infatti, se fa parte del vivaio di Fabrizio Bosso…
E poi la tromba jazz Fabrizio Bosso: un monumento. Niente potrei dire, perciò, che non sia già stato detto. Dirò solo di come sia unica questa sua capacità di “adottare” giovani talenti, e indovinarci sempre, e suonarci insieme. Come “baricentro” stasera è stato perfetto. Ha fatto perfino 2 sorrisi.
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