di ENRICA LOGGI –
Tre sono i temi più importanti di questa pittura: i volti di donna, i paesaggi e i fiori. In ciascuno di essi si agita e si adorna un’ispirazione prevalente: narrare, rievocare, immergersi nel tessuto espressivo che dà forma alle raffigurazioni in un totale, continuo pronunciarsi dentro il mistero del colore. É questo mistero che si annuncia e che rinasce dalla tela nelle immagini tenere, festose e solo raramente inquietanti. Quello di Matilde è un modo di ricongiungersi con il cuore delle cose viste da angolazioni fortemente evocative, in una visione della vita che non conosce ombre, che ritrae per la sola forza cromatica i paesaggi urbani e campestri che si estendono sulla tela annunciandosi attraverso tinte che dominano la forma, anzi la ricreano. Nascono così racconti pittorici che intendono raggiungere il nostro occhio con il criterio dominante di un’espressione-impressione che ogni volta rinasce. Ed anche se si ripete la favilla ispirativa, questa si anima di un nuovo fuoco nei fiori raffigurati, nei paesaggi che tremolano sotto una luce interiore, nei fiori che si assiepano ed ogni volta ritornano a brillare per sospingerci con loro in forti emozioni, in un piccolo universo materiato di creature terrestri e celesti che si porgono nella loro semplice gioia di esserci, nel loro tripudio amoroso che conquista lo sguardo e lo lascia vivamente contemplare. Il dramma è trasfigurato in questa pittura, e un’armonia guizzante trascina sulla tela visi di donna tra chiarità ed enigma, evocazioni, sussurri, piccole gioie. Vien fatto di ringraziare Matilde per tutto l’entusiasmo che riesce a trasmettere, per l’assoluta gratuità del suo affermarsi, per la costanza di affidarsi ai nostri occhi come amici festosi della sua anima generosa, del suo mondo di grazia e di beltà.
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