La teoria del figlio “difettoso”. No alle etichette, sì a Stefano Gabbana

Stefano Gabbana

di ROSITA SPINOZZI –

Trovo ingiusto e irrispettoso dare un’etichetta alle persone in base alla propria identità sessuale. Che, tra l’altro, non ha nulla a che vedere con il rapporto che intendiamo instaurare con la persona stessa, perché la sessualità è parte della sfera privata, quindi intoccabile. Perciò ha ragione lo stilista Stefano Gabbana che, di recente, ha affermato: «Non voglio essere chiamato gay, perché sono un uomo. Mi sembra incredibile che ancora oggi si usi questo termine». Ovviamente le polemiche sono arrivate a valanga, perché detta così sembra voler mettere in discussione la categoria, addirittura rinnegarla. Invece no, il concetto è più sottile. Gabbana non ha mai fatto mistero della propria omosessualità ma, essendo un uomo libero, si è stancato di essere rinchiuso in una definizione che è indubbiamente limitante. Sia chiaro, nella parola gay non c’è niente di dispregiativo, ma è l’idea di “categoria” che non mi piace. Chissà perché in Italia c’è questa “antica” usanza di utilizzare stereotipi e inserire mentalmente tutte le persone in contenitori – gay, lesbica, raccomandato, oca, secchiona, figlio di, grasso, bello, brutto, e chi più ne ha ne metta – in cui si sta davvero stretti. Figuriamoci poi se ad essere definite così sono proprio le persone cosmopolite e mentalmente libere, così come lo è Gabbana che ha fatto della propria vita un’arte attraverso il campo della moda in cui, indubbiamente, eccelle. Si rischia davvero di soffocare. La sfera sessuale ci distingue perché ognuno di noi può viverla come vuole, ed è diversa da un individuo all’altro, a prescindere dal fatto che si ami un uomo o una donna. Quando Stefano Gabbana dichiara di essere un uomo, dice la pura verità. Perché per uomo s’intende un essere umano cosciente e responsabile dei propri atti. Cosa che lui è. L’abbinamento “uomo-maschio” è riduttivo, desueto e vincolante. Apriamo la mente, uomo è una parola molto più completa, così come lo è anche donna, termine spesso sminuito se associato soltanto a femmina. Dire “non voglio essere chiamato gay” non implica affatto alcuna mancanza di rispetto nei confronti di chi lo è, anzi. È un valore aggiunto. Il gay è un uomo nell’accezione più estesa del termine. Ogni essere umano porta con sé una storia che è davvero troppo grande per essere rinchiusa in una stretta valigia. Ecco, per me etichettare è sinonimo di “rinchiudere”. E a tutte le persone sane di mente piace essere libere. Agli italiani, invece, piace il gossip, il pettegolezzo, i programmi spazzatura come l’inguardabile Grande Fratello, che ha chiuso i battenti persino nel suo Paese di origine. Ma da noi, no. L’Italia spesso dimostra di essere “guardona” e pettegola, mi duole il cuore ammetterlo. È questo il motivo per cui oggi Stefano Gabbana, prima ancora di essere visto come un uomo che di professione fa lo stilista, viene visto come gay. Come se quest’ultima definizione fosse in grado di dare più certezze. In conclusione, voglio raccontare un curioso episodio che si è svolto in mia presenza. Premessa: in un piccolo paese dell’entroterra marchigiano, avere un figlio gay fa di certo scalpore soprattutto quando il secondogenito sprizza mascolinità da tutti i pori. Ebbene, durante una festa di paese due signori parlavano tra di loro, e uno dice all’altro di stare aspettando il “tal dei tali” con il figlio. L’altro, chiede: «Quale figlio? Quello sano o quello difettoso?». Ecco, non c’è altro da dire. Il signore del paesino non ha detto “difettoso” con cattiveria, ci ho visto dietro soltanto tanta ignoranza nel senso latino del termine, ovvero intesa come “colui che ignora, che non sa”. Poi ci sono altre persone che usano terminologie  più “evolute” e offensive. Ma è nella parola difettoso che sta tutto l’umano limite sull’argomento. E fino a quando ci saranno queste associazioni di idee, non possiamo di certo definirci un popolo evoluto. Perchè in realtà esiste una sola categoria, che è quella umana, e comprende – senza rinchiudere –  il mondo intero.