di MASSIMO CONSORTI –
Le suocere rappresentano, come tutti i generi e le nuore sanno, una categoria parentale (acquisita) dalla quale girare possibilmente alla larga; non sono cattive, sono suocere e sembra che la società abbia disegnato apposta per loro il ruolo delle frantumacabasisi. Chiunque sia il marito (o la moglie) dei pargoli, il rapporto fra la suocera e il futuro genero o la prossima nuora, deve essere conflittuale a prescindere. Anche i più pazienti, e innamorati, alla fine devono soccombere, la suocera ha sempre ragione e guai a contraddirla perché innescherebbe dinamiche familiari tali da rendere la vita dei malcapitati impossibile. Qualcosa di diabolico lo hanno, a volte basta osservare il guizzo degli sguardi che lanciano per addivenire a più miti pretese; diciamolo, spesso incutono terrore. A quel punto occorrerebbe prendere atto che la partita è persa, e senza essere stata giocata a tavolino.
Ma quello che è successo a Girolamo Perrone, 24 anni di Triggiano, in provincia di Bari, a sole 24 ore dal suo matrimonio, ha dell’incredibile. La sera del 5 ottobre 2016 (i rinvii a giudizio sono di qualche ora fa), un certo signor Vito D’Addabbo chiama i carabinieri e il 118 dicendo, con la voce concitata, di aver investito un uomo sbucato all’improvviso nella campagna fra Adelfia e Cassano delle Murge. Quando arrivano sul posto, i carabinieri trovano la Punto blu del D’Addabbo con il parabrezza sfondato e il corpo di un uomo sul lato destro della carreggiata. Trasportato all’ospedale Di Venere di Bari, Perrone morirà cinque giorni dopo. Ma da subito, ai carabinieri quella storia non piace. Ci sono incongruenze e riscontri tecnici che non coincidono con la ricostruzione fatta dal D’Addabbo. Partono le indagini e i frutti non tardano ad arrivare.
Scoprono così un complicato giro di affetti/rapporti che arrivano, indovinate dove? Alla suocera. Vito D’Addabbo è infatti il fratellastro della signora Anna Masciopinto, suocera di Girolamo Perrone, che aveva abbracciato e baciato appena due giorni prima al matrimonio con sua figlia. E c’è un terzo uomo, Rocco Michele Caringella, un pregiudicato che intratteneva rapporti con la suocera, che viene individuato come l’ispiratore e l’istigatore dell’omicidio compiuto per intascare il premio assicurativo destinato alla vedova di Perrone. Tre parti uguali, come si fa nelle famiglie per bene. Gli investigatori non sono arrivati ancora a scoprire il ruolo eventualmente ricoperto dalla giovane vedova, ma non si escludono sviluppi futuri.
Pensiamoci un attimo. Già è difficile convivere con una suocera “normale”, non dotata di istinto omicida, figuriamoci con una che prima di sposare la figlia ha già deciso che devi morire. La fregatura è che se la suocera ha deciso, morirai.