di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –
La sessantottesima edizione del Festival di Sanremo si è aperta sulla scollatura da urlo della bellissima Michelle Hunziker, che scuote la platea dal torpore generale in cui era precipitata appena il rigido Claudio Baglioni è comparso sul palco. Un “dittatore” artistico che ha la verve comica di una segreteria telefonica. Promosso a pieni voti invece il conduttore Pierfrancesco Favino, che con un’esibizione travolgente riesce a far ballare l’Ariston come nessun cantante in gara e come neppure il super ospite Gianni Morandi. Mattatore della serata, siamo tutti d’accordo, è il mitico Fiorello, che diverte e si diverte, coinvolge e stravolge scaletta, regole, equilibri e riesce persino a farci dimenticare di Laura Pausini in attesa al telefono.
Gli artisti in gara sono tanti, si inizia con svariati “Amici” della Maria nazionale, che sospetto saranno molto televotati, si prosegue con Max Gazzè, che ci racconta una fiaba d’altri tempi, quindi è la volta della Vanoni rediviva dall’ultimo tiraggio, oramai se sorride in automatico fa l’occhiolino. Ermal Meta e Fabrizio Moro portano un testo forte e sono grintosi, peccato che la musica sembri proprio la stessa di “Silenzio”, il pezzo che Ambra Calvani e Gabriele De Pascali hanno presentato nel 2016 alle selezioni di Sanremo Giovani, senza superarle. Coincidenze?
Mario Biondi si esibisce insolitamente in italiano e Noemi porta un pezzo abbastanza prevedibile: entrambi però si fanno ampiamente perdonare nel dopo Festival e ci regalano il duetto strepitoso “The lady is a Tramp”. Giovanni Caccamo è bravo ma un po’ troppo imbalsamato per la sua giovane età. Qua e là spunta qualche Pooh, ho perso il conto, ora capisco perché si sono sciolti: alla loro tenera età possono finalmente cominciare ognuno la carriera da solista che ha sempre sognato. Luca Barbarossa canta in dialetto un brano che, a detta sua, non è stato pensato per Sanremo, mentre Ron ci sorprende con un pezzo scritto da Lucio Dalla: per un attimo mi emoziono al pensiero che quell’ometto curioso e geniale sia ancora fra noi.
Non mancano ritorni e reunion: i Decibel di Enrico Ruggeri, Elio e le storie tese, Francesco Sarcina e Le vibrazioni. I primi due hanno l’effetto di catapultarci indietro negli anni ’80 e sembrano quei signori di mezza età che si iscrivono al torneo di calcetto dove giocano anche i loro figli, solo che questi ultimi corrono agili e scattanti mentre loro son lì con la maglia della salute e la tosse già dopo i primi dieci minuti di gioco. L’ultimo, invece, è stato interessante. Sarcina sbaglia l’attacco, ma si riprende e l’esibizione è rock e convincente.
Deludono i nomi da cui ci si aspettava qualcosa di più originale: Nina Zilli, il duo Diodato-Roy Paci (si sono esibiti anche nel dopo Festival, regalando una performance migliore), Renzo Rubino, il duo Avitabile/Peppe Servillo (un sound napoletano che conosciamo già).
Momento top, l’esibizione dello Stato Sociale “Una vita in vacanza” vuole essere di forte critica, la band porta sul palco Paddy Jones, una tranquilla signora che si trasforma nella “vecchia che balla” del loro pezzo. Si tratta della eccezionale ballerina di salsa acrobatica più anziana del mondo (83 anni). Azzardo un pronostico: sono i possibili vincitori del Festival. Ma siamo solo all’inizio, chissà cosa ci aspetterà nelle prossime serate.
Evviva Sanremo!