di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Apollo, lo sappiamo, era piuttosto pretenzioso. Del resto, era il dio del Sole e, non bastasse, anche delle arti, comprese la musica e la poesia che di tutte le arti erano le predilette nei salotti del tempo. Un dio così, per di più eccellente arciere che in molti temevano, un po’ vanitoso e fiero doveva esserlo. Mettersi in testa un’idea significava ottenerla, considerata cosa propria già al solo pensiero. Aveva fatto però l’errore di offendere Cupido, altro abile arciere che con le frecce si occupava d’amore. E non sbagliava un colpo, sia che l’amore lo volesse far nascere, ma anche per farlo fuggire via. Ed è così che, volendosi vendicare dell’offesa ricevuta (gli dei greci erano piuttosto permalosi e inclini alle vendette), scaglia la freccia d’oro dell’amore ad Apollo che si innamora perdutamente e irresistibilmente di Dafne.
La fanciulla invece viene colpita dalla freccia di piombo, quella che porta a respingere il pretendente, senza possibilità di ripensamenti. Apollo, il dio, non può rinunciare. Semplicemente non può. Rincorre Dafne ovunque. La poveretta non sa più né che dire né dove fuggire. Chiede aiuto agli dei della Natura: Peneo, dio del fiume, e Gea, potentissima dea della Terra. E così, nel mentre l’atletico e instancabile Apollo la raggiunge, la fanciulla smette di correre e il suo bellissimo corpo diventa uno straordinario albero di alloro. Apollo non rinuncia, non può. Abbracciando l’albero decide ch’esso sarà per sempre l’albero sacro tra tutti gli alberi, a simboleggiare grandezza e vittoria.
Abbiamo raccontato, semplificando, il mito di Apollo e Dafne per introdurre il lauro, ovvero l’alloro che, sacro per l’Olimpo, è sempre stato un arbusto ed albero speciale. Tant’è che se andiamo ad una festa di laurea, inevitabilmente i neolaureati hanno in testa la classica corona con foglie di alloro, verde e profumato. Famoso il dipinto del sommo Dante, l’Alighieri, con la veste rossa e la corona d’alloro in testa. Famoso Il Petrarca che fu “incoronato” laureato con una bella ghirlanda con foglie di alloro. Era l’8 aprile 1341, e la cerimonia venne fatta al Campidoglio per mano del re in persona, Roberto d’Angiò. Da allora, concludere gli studi universitari, significa “laurearsi”, prendere il lauro: la ghirlanda d’alloro. Non dimentichiamo che cingere la testa con l’alloro era un onore riservato anche agli eroi, alle persone che si distinguevano per opere particolari e per tutti i “geni”. Segno di gloria e trionfo quindi, riconoscimento di eccellenza e superiorità. Albero sacro, albero della sapienza e della saggezza, l’alloro ha incredibili proprietà e un nome latino bellissimo: Laurus Nobilis.
Iniziamo con le conoscenze antiche. I Greci credevano che allontanasse le malattie e che, addirittura, conferisse capacità divinatorie, masticandone le foglie e aromatizzando bruciandole. In Siria, si estraeva l’olio dalle foglie per farne un delicato sapone, ancora oggi conosciuto, il sapone di Aleppo. Oggi, le foglie hanno molteplici usi. Possono essere utilizzate in cucina, conferendo al cibo anche un’azione disinfettante, tonificante e un’ottima capacità digestiva. Con le foglie è possibile ricavare un liquore alcoolico di un bellissimo colore verde smeraldo, dall’inconfondibile sapore e con spiccate capacità digestive. Negli utilizzi esterni, si può ricavare l’olio laurinato utilissimo nei reumatismi, ha effetti antinfiammatori. Sono solo alcuni esempi. Ci si può sbizzarrire su internet per scovare curiosità, ricette ed applicazioni varie.
Nella coltivazione è tra gli arbusti meno esigenti, di quelli che crescono bene anche con chi non ha il pollice verde. Si sviluppa in tutti i tipi di terreno, non richiede particolari attenzioni. Una volta radicato non chiede più nulla se non la potatura, altrimenti crescerebbe molto alto, fino a 15 metri in forma di albero. Anche le api apprezzano l’alloro. In primavera c’è la fioritura e quindi diventa una buona fonte per l’impollinazione. Buona parte della produzione nazionale è realizzata nei vivai delle Marche.
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