Festa del papà, dalle origini ai nostri giorni. Siamo tutti in cammino…

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

La festa del papà, che in Italia ricorre il 19 marzo, giorno di San Giuseppe (protettore dei falegnami), ha una lunga storia, oltre il secolo. Le origini ci portano negli Stati Uniti, all’inizio del 1900, in un periodo di grande sviluppo industriale. Stando alle fonti del web, il 5 luglio del 1908, nella chiesa metodista della cittadina di Fairmont, nel West Virginia, ci fu il primo festeggiamento. Fu un episodio locale e non ancora istituzionalizzato. Successivamente, il 19 giugno del 1910, ci fu una nuova occasione a Spokane nello stato di Washington, dando il via al riconoscimento ufficiale negli Stati Uniti e successivamente in molte aree del pianeta, pur con date e forme diverse. Negli Usa, e in quasi tutto il continente americano, venne stabilita come data ufficiale la terza domenica di giugno. Nelle nazioni a tradizione prevalentemente cattolica, la data fu normalizzata al 19 marzo, facendo riferimento a Giuseppe il falegname, padre “di fatto” di Gesù. In questa data festeggiano, oltre all’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Svizzera nel Canton Ticino ed altri stati. A vedere lo schema riportato da Wikipedia, i festeggiamenti spaziano dal 6 gennaio (Serbia) fino al 26 dicembre (Bulgaria). In pratica, in quasi tutti i mesi c’è almeno un paese che festeggia il papà.
Aldilà della connotazione “commerciale” che ormai caratterizza questo tipo di ricorrenza, andrebbe rivalutato il senso di questa festa. Il ruolo del genitore, indiscutibilmente importante, non è stato uniforme nelle culture e nelle tradizioni. Sicuramente c’è una maggiore e universale coerenza antropologica nel ruolo della mamma che in quella del papà. Proprio per questo, vale la pena soffermarsi a considerare come utile la data del 19 marzo, non tanto per decidere se regalare un portachiavi o un profumo, piuttosto per riflettere sul significato, sui valori di relazione, sul senso delle responsabilità e di presenza. Quello della “presenza” è, o era, quasi sicuramente l’anello debole della genitorialità maschile.
Guardando al nostro passato, osserviamo che l’immagine di padre varia nel corso dei secoli. Il modello patriarcale, arcaico, obsoleto ma ancestralmente onnipresente con sfumature diluite, vorrebbe l’uomo come indiscusso capofamiglia. Questa connotazione fa si che a quel ruolo vengono ricondotte le principali responsabilità familiari con tutte le conseguenze di tipo caratteriale. Storicamente parlando, il padre (e marito)era sostanzialmente il padrone del nucleo familiare, colui che “governa” e che mantiene le distanze dall’emotività. I suoi interessi sono spesso altrove, come i suoi piaceri. Il lato migliore di sé, l’antico genitore difficilmente lo riservava alla famiglia. I tempi cambiano, le culture pure, fortunatamente. Dalla Rivoluzione francese, ai grandi movimenti più moderni, dal mitico ’68 al femminismo sempre sull’onda di un cambiamento in cammino, abbiamo acquisito nuove consapevolezze, grazie anche alle moderne teorie della psicologia con i loro modelli comportamentali. Le dinamiche di relazione richiedono un padre diverso da quello raccontato. Un padre che sa interagire con i figli, che è presente, sa ascoltare le potenzialità e le vocazioni, sa mettere a frutto le proprie esperienze per fornire un supporto di confronto. Il padre ideale non è semplicemente un amico giocarellone dei propri figli, né un difensore acritico, ma è colui che non deve rinunciare ad una responsabilità di guida, nel pieno rispetto della personalità che è propria del figlio. Il genitore offre occasioni di crescita. Ascoltando le esigenze, si adopera per costruire percorsi percorribili, senza rinunciare alla propria personale realizzazione.
Il 19 marzo, in conclusione, può essere uno stimolo interessante alla considerazione che siamo tutti in cammino. Ognuno nel proprio sentiero, ognuno verso traguardi che tramutano perché tutto è fluido e mutevole. E si cammina dialogando, tendendo la mano quando occorre, aiutando a liberare gli ostacoli, coltivando le qualità, reciprocamente. Ci piace questo papà che sa pensare anche a sé ma senza egoismo, che sa occuparsi dei figli senza rinunciare ad una propria visione, mai rigida e sempre pronto a rimettersi in gioco.