di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Il ‘500, con il suo Rinascimento, è stato un secolo davvero ricco di personaggi. Tra questi c’è Michel de Nostredame, appassionato ed abile scrittore di profezie, strutturate in quartine con rima. Non solo, lo scrittore si interessava anche di astrologia, medicina e prodotti curativi. Era, come si diceva nel suo tempo, uno “speziale”, ovvero un esperto che sapeva riconoscere le qualità medicamentose di erbe e spezie e sapeva farne uso terapeutico. In molti avranno riconosciuto che stiamo parlando di un uomo che, a distanza di 500 anni, è tuttora il simbolo della chiaroveggenza. Con il suo libro Centuries et prophéties è passato alla storia. Come mai e di chi stiamo parlando? Centuries et prophéties è una raccolta al cui interno ci sono le famosissime Profezie. Michel de Notredame altri non è che Nostradamus. Tutti lo conosciamo così, con il suo pseudonimo. Ma chi era veramente per i suoi contemporanei?
Michel de Notredame era nato in Francia nel dicembre 1503, in Provenza e benché sia stato girovago, in quella terra vi è anche morto, nel 1566. Essendo di famiglia ricca e in vista, suo padre era notaio, ebbe modo di curare la propria istruzione, studiando matematica, retorica, astronomia e astrologia, inizialmente presso l’Università di Avignone, che poi fu costretta a chiudere per pandemia. Tradizione vuole che egli abbia viaggiato per anni proprio per approfondire la sua conoscenza in erbe medicinali con il buon proposito di poter guarire i malati di peste. Tuttavia fu proprio per colpa dell’essere uno “speziale” che l’Università di Montpellier, dove si era iscritto successivamente per completare i suoi studi in medicina, lo espulse. Il titolo di speziale era piuttosto mal visto negli ambienti universitari. Nonostante questo, Nostradamus riuscì successivamente a conseguire la laurea e, per la cronaca, sembra sia diventato famoso ai suoi concittadini per aver ideato una pillola curativa per la peste.
Tagliando un po’ di riferimenti bibliografici, per brevità d’esposizione, diciamo subito che, dopo essersi sposato e generato un discreto numero di figli e dopo aver viaggiato ancora, in lungo e in largo, per la Francia ed anche l’Italia, continuando per un po’ ad occuparsi di medicamenti per la peste, si era stufato della medicina e delle malattie. Si accostò a ben altre materie: si appassionò all’occulto. Iniziò a scrivere almanacchi e ad elaborare oroscopi, le avanguardie delle immortali Profezie. Precisiamo che si trattava, e si tratta, di un’opera essenzialmente letteraria. Il progetto prevedeva di scrivere mille quartine profetiche, elaborate nell’invenzione stilistica, rigorosamente in rima e dove non mancano “giochi” di ermetismo letterario, utilizzando, oltre al francese, termini in arabo, latino ed altre lingue. Le quartine realmente inserite in Les Propheties sono 942 e la prima stampa è datata 1555.
Ma davvero le profezie sono tali? Davvero prevedono il futuro? L’idea di Nostradamus era quello di “profetizzare” fino all’anno 3797. Di certo si guadagnò l’ammirazione di molti potenti, tra i quali anche Caterina dei Medici ed alti ambienti ecclesiastici. Benché fosse facile ipotizzare l’intervento dell’Inquisizione, in realtà non fu mai accusato di eresia. Volendo rispondere al quesito, diciamo che quasi mai ci sono riferimenti espliciti, come date e luoghi. E quando ci sono, clamorosamente la profezia non s’è avverata. Facile, invece, fare letture a posteriori. Nel leggere, oggi, le quartine, pur enigmatiche e fantasiose, è possibile “vederci” fatti storici che in qualche modo si adattano alla profezia. A ben pensare, è anche quello che accade negli oroscopi: prima o poi accade inevitabilmente qualcosa che somiglia alla previsione. La considerazione non sminuisce il valore dell’opera, ancora non del tutto compresa, che è ricca, poderosa, imponente e strutturalmente interessante.
Secondo gli studiosi delle opere di Nostradamus, l’autore ha attinto elementi e riferimenti dalla letteratura biblica, da quella latina, dagli scritti di Savonarola e da autori del suo stesso secolo. Il suo scopo era, probabilmente, prevalentemente letterario, realizzare un’opera notevole, complessa, bella, poetica, forse “furba” nel senso più meritorio: incuriosire, attrarre, affascinare. E in questo ha pienamente raggiunto lo scopo se dopo ben 500 anni il suo nome evoca ancora fascino immaginifico, il senso del mistero che si svela nella difficile e ardua interpretazione dei versi. Ancora oggi c’è chi cerca di capire cosa ha previsto nel nostro futuro. Eppure, ed è questa la cosa più curiosa e che ci offre una chiave di lettura, lui non si riteneva un profeta e non voleva essere etichettato come tale. Forse, vorrebbe essere ricordato semplicemente come un uomo di cultura e scienza, autore di un’opera memorabile. Non lo sapremo mai.
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