Adolfo De Carolis: artista marchigiano eclettico e cosmopolita

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Sul finire dell’800, mentre l’Europa sociale ed economica entrava decisa nel vivo di una rivoluzione industriale che avrebbe cambiato lo stile di vita, riempendo le città di nuovi nuclei familiari, nell’arte e nella letteratura si faceva strada, con altrettanta decisione e a partire dalla Francia, una corrente culturale che voleva contrapporsi alla dominanza del “realismo”: il “simbolismo”, con l’obiettivo esplicito di riappropriarsi della visione fantastica, ricreando, tramite l’espressione artistica, letteraria o figurativa, una rappresentazione frutto di suggestioni e simbolismi. Sono molti i nomi influenti che, direttamente o per alcuni tratti, sono riconducibili a questa corrente: da Richard Wagner per la musica a Charles Baudelaire per la letteratura, senza trascurare Claude Debussy, Paul Verlaine, Arthur Rimbaud ed altri autori che hanno fatto la storia. Venendo all’Italia e in particolare all’arte figurativa, ci soffermiamo su un autore piuttosto eclettico: Adolfo De Carolis, marchigiano di Montefiore dell’Aso, piccolo e glorioso comune dell’area picena. Basterebbe dire che De Carolis è stato l’illustratore delle opere di Giovanni Pascoli e Gabriele D’annunzio con memorabili xilografie per renderci conto della statura artistica e del peso che ha avuto nel panorama del figurativo tra fine ’800 e inizio del ‘900.

Adolfo De Carolis nasce il 6 gennaio del 1874 e, dopo aver frequentato il seminario di Ripatransone, che non conclude, si trasferisce a Bologna per diplomarsi all’Accademia delle Belle Arti, iniziando il suo personale e originale percorso artistico. Va a Roma nel 1892 e si specializza in decorazioni, restaurando antiche ville e parte degli appartamenti vaticani. Il suo estro e la sua curiosità espressiva lo portano a non avere limiti. Tele, pennelli, tubetti di colore ad olio e tempere, per quanto nobili, non gli bastano. Adolfo De Carolis è, oltre che pittore, anche incisore e fotografo, con qualche performance nel design. Indubbiamente, grazie a giganti come D’Annunzio e Pascoli, molti lo ricordano per il ruolo di illustratore, come s’accennava sopra. La tecnica della xilografia gli è particolarmente congeniale, raggiungendo un livello di purezza notevole.

Dopo il periodo romano, che resta fondamentale per tutta la sua produzione, c’è quello fiorentino, con un incarico di prestigio come docente presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. É proprio nel capoluogo toscano che De Carolis fortifica l’amicizia con D’Annunzio che in quel periodo è a Firenze. Tra i due è tale l’amicizia che “Il Vate” di Pescara fa da padrino al battesimo della primogenita della coppia De Carolis. L’artista marchigiano, nonostante sia sempre in movimento, mantiene i contatti con la sua regione. Lavora alle decorazioni di Villa Brancadoro a San Benedetto del Tronto, collabora con riviste marchigiane, oltre che con celebri testate nazionali, come “Hermes” e “Leonardo”.

Ad Ascoli Piceno decora alcuni ambienti del Palazzo del Governo. Interessante menzionare che a Loreto, in occasione dell’inaugurazione della cupola, appena ridipinta, conosce Giovanni Tebaldini, musicologo e compositore bresciano, che nella cittadina marchigiana dirige la Cappella Musicale della Basilica della Santa Casa di Loreto. Tra i due si instaura una grande amicizia, favorita anche dalla scelta di Tebaldini di fermarsi definitivamente nelle Marche e precisamente a San Benedetto del Tronto, dopo incarichi di prestigio in mezza Europa.

Dopo Firenze, va ad insegnare all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Infine torna a Bologna, dove si era diplomato e quasi a chiudere un cerchio ideale. Nel frattempo accetta lavori in tutta Italia, dalle ville prestigiose da decorare, a lavori che potremmo definire “minori” ma che lasciano un segno inconfondibile della sua maestria. E’ sua l’etichetta storica del liquore all’anice Varnelli, quella con l’elaborazione della Sibilla. Si occupa di decorazioni per ceramiche che andranno a impreziosire villini ancora oggi visibili. Non dimentica i lavori per così dire più illustri. Sono sue le decorazioni al Palazzo della Provincia di Arezzo, quelle della Basilica Sant’Antonio da Padova, e poi al Palazzetto Veneto a Ravenna.

Dopo Bologna torna a Roma. Riprende la collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti, ormai nella fase finale della sua vita. É malato di cancro, già da un po’ ma lui non molla. Si affida alle cure dell’istituto Pasteur a Parigi. Ormai è troppo tardi, non è più guaribile. Muore a Roma a soli 54 anni. É il 1928. Successivamente, nel 1950, si decide di riportare le spoglie al paese di origine, a Montefiore dell’Aso, nella chiesa di San Francesco.
L’antico borgo marchigiano continua a ricordarlo con un museo che porta il suo nome e dove è possibile immergersi nel vario mondo delle sue opere, simboliste se si vuole, ma credo si possa dire che l’estro di Adolfo De Carolis è tale da superare ogni definizione.

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