di REDAZIONE –
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Questa mattina, sabato 27 febbraio, alle ore 11, è stata scoperta la targa che denomina “via Donne di Mare” il tratto stradale adiacente al lato sud della Capitaneria di Porto e che consente l’accesso alla banchina di riva “Madonna di San Giovanni”. Sul muro di recinzione della Capitaneria di Porto è stato inoltre affisso un pannello con un brano della poesia di Francesco Palestini “Calì lu sole” dedicato appunto alle donne delle famiglie dei marittimi e su cui compare un “QR Code”, realizzato dalla social media manager Selene Re, che potrà essere utilizzato dai possessori di smartphone per approfondire la storia e l’epopea di queste figure essenziali nell’economia e nella storia della Città.
«Annunciammo questa iniziativa nel corso della cerimonia inaugurale del monumento alla marineria sambenedettese dell’ottobre scorso – spiegano il sindaco Pasqualino Piunti e l’assessore alle politiche del mare Filippo Olivieri – l’area prescelta è utilizzata per entrare ed uscire dall’area portuale e richiama alla memoria il ruolo delle donne che, prima sulla battigia e poi sulle banchine, accompagnavano i loro uomini pronti a salpare e poi li attendevano trepidanti al ritorno per aiutarli nelle incombenze dello sbarco». La proposta è stata portata avanti dai consiglieri comunali Mariadele Girolami e Mario Ballatore dopo una riflessione pubblica del comandante di imbarcazioni oceaniche Giovanni Battista Crescenzi, premio Gran Pavese Rossoblù 2020, circa la necessità di dedicare un giusto riconoscimento al ruolo svolto dalle donne nella crescita e lo sviluppo della pesca.
Il progetto è stato poi realizzato con l’apporto prezioso del Circolo dei Sambenedettesi, del Circolo Mare Bunazze e dell’Associazione Pescatori Sambenedettesi i cui presidenti dichiarano: «É stata colmata una lacuna della memoria storica locale. Finalmente viene riconosciuto il ruolo delle donne, le retare, le pesciarole, le marenare, verso cui la nostra città ha contratto un debito che interessa i più svariati aspetti dell’umanità. A terra erano le donne che, nel silenzio e nell’ordinaria quotidianità del loro impegno, rappresentavano il perno attorno al quale girava l’intera comunità sambenedettese. Quello contratto con le donne di mare è un debito davvero colossale e multiforme: un debito economico (a loro era delegata la vendita del pesce, il confezionamento delle vele e delle reti da pesca, strumenti indispensabili per il lavoro degli uomini), un debito sociale (perché erano loro a tessere quelle relazioni tra le famiglie del paese tale da rendere l’ambiente un contesto pacifico ed accogliente, pervaso di solidarietà e reciproco aiuto soprattutto nei momenti del dolore e del bisogno).
Un debito educativo (in quanto curavano l’educazione dei figli in tempi in cui bambini e bambine non potevano contare, se non marginalmente, sul contributo della scuola, perché pressati dalle necessità economiche della famiglia che obbligavano ad un ingresso anticipato nel mondo del lavoro), un debito di tragedie e di lacrime (che si tinge del nero dei troppi lutti del mare, e assume i colori foschi dell’angoscia per una vita senza certezze, totalmente consacrata ai figli da sfamare e da crescere). Per questo ci sentiamo dire che questo evento è una bella giornata che ci riporta indietro nella memoria, quando quelle donne, le nostre donne, proprio di fronte alla via a loro intitolata, aspettavano fiduciose l’arrivo dei loro uomini per riabbracciarli stanchi ma orgogliosi per una buona giornata di pesca, con cui assicuravano il pane alla propria famiglia e, di riflesso, i mezzi per vivere e per crescere all’intera comunità».
Copyright©2021 Il Graffio, riproduzione riservata