“Dopo un breve sonno”, amore e indagine nel romanzo esistenziale di Francesco Tranquilli

di ROSITA SPINOZZI –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Dopo un breve sonno” di Francesco Tranquilli è un libro che genera dipendenza nel senso che, una volta iniziata la lettura, veniamo subito assaliti da quell’irresistibile desiderio di arrivare subito all’epilogo senza, però, saltare nemmeno una pagina di questo intrigante romanzo. È un viaggio in cui ogni tappa è fondamentale per affrontare la prossima “fermata” che, a sua volta, condurrà ad una sorprendente meta. Il titolo scaturisce da una poesia di John Donne, il grande poeta metafisico inglese: la frase “One short sleep past” è incastonata in una poesia intitolata “Death be not proud”, che viene riportata nel libro. I personaggi sono ben delineati: è un romanzo femminile, in cui Tranquilli stupisce per la capacità con la quale riesce a trasmettere in maniera efficace e veritiera il “sentire” della protagonista, i suoi stati d’animo, i suoi desideri e turbamenti. Professore, attore, regista, scrittore, e forse anche un po’ psicologo a sua insaputa, Tranquilli focalizza l’attenzione su Alice, rimasta completamente sola dopo l’abbandono del marito e la perdita del figlio Daniele, quattro anni, scomparso un anno fa. Rapito, forse perso. Alice decide di tornare nel paese della sua infanzia, dove tutto è iniziato e finito. Durante la sua prima notte in albergo, Daniele ricompare ma non ricorda nulla. Alice inizia così un’angosciante ricerca per ricostruire l’accaduto, superando reticenze, ambiguità e soprattutto le proprie paure. Riuscirà a conoscere la triste realtà, il mistero che avvolge l’intero paese, e persino la verità su sé stessa. Ma il prezzo da pagare è molto alto. Altro non si può dire perché, trattandosi di un giallo – per la precisione Opera finalista alla quarta edizione del Premio “1 Giallo x 1000” – ogni parola potrebbe risultare troppo “rivelatrice” e, quindi, compromettere il piacere di immergersi in questa piacevole lettura il cui epilogo avrà l’effetto di una doccia fredda. Un epilogo a cui veniamo abilmente preparati dall’autore attraverso alcuni passaggi che denotano una grande abilità narrativa, anche nei minimi dettagli, accompagnata da una buona dose di suspense. “Dopo un breve sonno” è un libro che piace soprattutto all’universo femminile perché ogni donna, suo malgrado, può riconoscersi nella protagonista Alice, nelle sue vicissitudini sentimentali e, soprattutto, nell’amore incondizionato che nutre per il suo bambino. Un amore che non conosce confini e ben definito dalla penna di Tranquilli. Che, a quanto pare, non sbaglia un colpo. Infatti è già al lavoro per il prossimo romanzo. Ma per il momento focalizziamo l’attenzione su “Dopo un breve sonno”, un libro generoso di emozioni.

“Dopo un breve sonno” è un ritorno al giallo?
Sì e no. In copertina c’è scritto fanta-thriller, ma è un’etichetta che non rende l’idea di un’opera di fatto non ascrivibile a nessun genere. É un’indagine, certo, ma anche una storia d’amore – anzi due – e un romanzo esistenziale dove la protagonista cerca se stessa e, purtroppo, ci riesce. Un libro che ha appassionato le donne che l’hanno letto in anteprima. Molte, visto che quest’opera ha cercato casa per anni prima di approdare a 0111 edizioni.

Perché piace soprattutto alle donne?
É un romanzo femminile scritto in prima persona. Quindi, anche lo stile della narrazione è del tutto diverso dai miei romanzi precedenti. In “Blackout” avevo usato due voci narranti maschili in prima persona, una per il prof.Parigi che parlava al presente, l’altra del giovane carabiniere Curto che invece raccontava al passato. In “Sulla corda” di nuovo due punti di vista, uno maschile l’altro femminile, che si alternavano. Qui invece la “scena” è tutta di Alice. Tutta la storia passa attraverso i suoi occhi e le sue emozioni.

Una scelta narrativa presa prima o durante la stesura del libro?
Un romanzo è un viaggio. Non solo per il lettore ma in primo luogo per l’autore. Bisogna sapere da dove si parte e dove si arriva. L’inizio e il finale: quest’ultimo può anche cambiare in corsa, naturalmente. Poi decidere il mezzo di trasporto (lo stile) e la compagnia (quanti personaggi, e quali soprattutto). E il budget (che risorse utilizzare). Direi che in corso d’opera tutto può cambiare, ma se non abbiamo un punto di partenza e una meta il romanzo rischia di restare incompiuto.

Hai avuto bisogno di ricerche o di consulenze specifiche durante la scrittura?
Come sempre. Per “Blackout” mi ha aiutato un Maresciallo dei Carabinieri. Per “Sulla corda” un violinista e un liutaio. Stavolta mi ha supportato la dottoressa Ilda Pilotti, che è una bravissima psicoterapeuta e anche un’amica. Senza di lei non avrei potuto creare il personaggio di Carla, la psicologa che sembra voler aiutare Alice a capire cosa sia successo al piccolo Daniele.

In conclusione, dove nascono le tue idee?
Dovunque, il famigerato “blocco dello scrittore” non esiste. Uno scrittore ha sempre più idee di quante riesca a scriverne. Perché le “storie”, le narrazioni, sono un bisogno essenziale della mente umana, e si trovano dappertutto. Noi dobbiamo solo scegliere quelle che ci toccano, ci emozionano, fra le tante che ogni ora di vita ci suggerisce. E cercare di trasmettere le nostre emozioni agli altri. Certo, gli strumenti del mestiere bisogna possederli, ma non bastano. Bisogna avere voglia di perdersi in altre vite, di uscire da noi stessi, di scoprirsi. Scrivere non è un’arte solitaria, come vuole la leggenda: è un modo di conoscere il mondo e di raggiungere gli altri, anche oltre il tempo. La letteratura, come la musica, è il nostro trascendente terreno: ci permette di arrivare al di là di noi stessi.

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