di GIAMPIETRO DE ANGELIS –
Ogni volta che transito per Fermignano non posso che fermarmi. Sarà per il fiume Metauro e quel suo modo di cingere l’antico borgo già di suo ricco di attrattive, come la torre medioevale, ad esempio, a base quadrata, semplice eppure imponente con i suoi 24 metri. E poi, ed è l’opera che più di altre non passa inosservata, il Ponte Romano con le sue magnifiche tre arcate. Ma cosa sarebbero il ponte e la torre senza le “terrazze” d’acqua con tanto di cascatelle? La visione d’insieme merita tutta l’attenzione possibile e non è raro imbattersi in qualche pescatore con stivaloni immersi nel fiume a ridosso delle cascate, a pescare tra le mura di origine romana. Un dipinto del ‘600, ecco cosa sembra. Ed è un incanto per gl’occhi e per la mente. Fermarsi è una necessità, un piacere assoluto.
C’è qualcos’altro che rende il tutto ancora più prezioso e che lega l’antica cittadina, che conta oltre 8.000 abitanti, ad un architetto tra i maggiori del Rinascimento italiano, anzi, probabilmente il più grande di tutti, colui che aveva rivoluzionato gli stili del tempo, ancora attinenti a quello classico del ‘400, spostando le armonie dei volumi in direzione di quella che divenne l’architettura del Rinascimento, più monumentale e ardua, dall’impronta decisa eppure delicata. Stiamo parlando di Donato Bramante, di Fermignano, appunto, nato nel 1444, pittore ed architetto, contemporaneo di Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e di un più giovane Raffaello Sanzio.
Un esempio marchigiano della sua “visione” muscolare delle forme l’abbiamo a Loreto, nella Basilica della Santa Casa. Quest’ultima ha una massiccia schermatura in marmo progettata dal Bramante, realizzata poi successivamente. L’opera è maestosa, ricca di sculture che narrano principalmente le vicende bibliche riguardanti Maria e la Natività. Richiese settant’anni di lavori con avvicendamento di molti artisti. Per la cronaca, Bramante aveva ricevuto l’incarico, da parte del Papa Giulio II, di disegnare anche la facciata della basilica (non realizzata) e l’intera piazza antistante, con il grande spettacolare loggiato.
Riguardando l’intera opera, si resta sorpresi da quella potremmo definire la valenza matematica, l’architettura di Bramante è elegantemente ossessionata dalle simmetrie e dalle proporzioni. Un gioco di equilibri che vuol essere anche filosofico e spirituale. Nulla è per caso, potremmo dire. Di esempi ne abbiamo molti, oltre quelli relativi la Basilica di Loreto. A Milano, lavorando per Ludovico il Moro, si era occupato di rifare, secondo i nuovi canoni architettonici, parte della Chiesa Santa Maria delle Grazie, mentre Leonardo da Vinci era totalmente dedicato al gigantesco affresco del “Cenacolo”.
Poi Roma. Pur essendo l’architetto di riferimento a Milano, dopo il declino di Ludovico, Bramante si era spostato nella città dei papi a cercare nuova gloria che arriva senza attese, progettando il Chiostro di Santa Maria della Pace. Opera definibile come severa, rigorosa ed essenziale, ma non il suo capolavoro. Decisamente più imporrante e interessante il Tempietto di San Pietro in Montorio, sempre a Roma. Qui il nostro architetto marchigiano si distinse riuscendo ad abbinare le nuove tendenze, da lui stesso elaborate, al richiamo dell’antichità, con un’opera dalla pianta circolare, di indubbio fascino ed eleganza, donando alle forme un senso di leggerezza, pur con un’architettura solida e possente.
Leggerezza e possanza, solidità ed estro da giocoliere delle linee dal rigore matematico le ritroviamo anche nei giardini, non più godibili, chiamati Cortile del Belvedere. Dove oggi ci sono i Musei Vaticani, c’era una magnifica villa con antistante uno spazio giardino molto ampio. Bramante si divertì nel creare volumi anziché i soliti giochi di siepi, con tre terrazzamenti sbalzati e collegati da ampie scalinate. Il risultato progettuale era sbalorditivo e, seppure realizzato in parte post mortem e forse non del tutto attinente al disegno, concorse notevolmente alla fama del maestro.
Restando in ambito della Città del Vaticano, e quindi della basilica simbolo della cristianità, la Basilica di San Pietro, fu proprio Donato Bramante che ricevette l’incarico di riprogettare la precedente Basilica di Costantino per ripensarla secondo le nuove tendenze architettoniche. Abbiamo “affrescato” l’architetto, ma Bramante è stato un pittore notevole. L’opera più rappresentativa è il Cristo alla colonna. Non c’è che dire, una grande carriera per il ragazzo di Fermignano (che allora si chiamava Monte Asdrualdo), formatosi artisticamente ad Urbino.
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