di PATRICIA VENA –
Le macchine del tempo esistono. Io ne ho trovata una. O meglio mi è stata regalata. Si chiama “La dimensione oscura” ed è un libro della scrittrice cilena Nona Fernández. Racconta, dal presente, storie degli anni Ottanta, durante la dittatura di Pinochet nel suo Paese. Storie di desaparecidos, e di aguzzini, e di un torturatore pentito. Cambiano i luoghi, i nomi delle città e delle strade, ma sono storie identiche a quelle che ho conosciuto, in quegli anni, in Argentina. Storie che tutti gli argentini hanno conosciuto. La scrittrice racconta i fatti in maniera asciutta, a modo d’inchiesta giornalistica, ma con la giusta dose di umanità, di sensibilità, di dolore. Le storie di quasi quarant’anni fa s’intrecciano con il tempo presente, con la vita quotidiana e familiare della narratrice che scrive in prima persona.
“La dimensione oscura” è una vera macchina del tempo. Mi è bastato aprire il libro e iniziare a leggere, per vedermi trasportata indietro di diversi decenni. Ho rivissuto momenti di angoscia, di paura, d’indicibile stupore quando tutto è venuto fuori, quando finalmente abbiamo saputo, quando abbiamo ascoltato le prime testimonianze e letto i rapporti e le inchieste della commissione per i diritti umani. Ho rivissuto l’orrore, e la vergogna, e il profondo disprezzo verso coloro che avevano perpetrato crimini così efferati. Mi sono tornati alla memoria fatti che, sebbene non ho dimenticato, avevo relegato in un angolo lontano, perché è così che ci difendiamo, è così che riusciamo ad andare avanti.
Mi è tornato in mente l’amico che un giorno, tornando da scuola, non ha trovato sua madre ad aspettarlo a casa, perché degli uomini l’avevano portata via davanti agli occhi dei vicini terrorizzati, e che non è più tornata a casa. Mai più. Mi sono ricordata di ogni singolo aspetto della mia vita durante quella dittatura, che non mi ha ferita materialmente – ero troppo giovane e non potevo essere bersaglio di quella ferocia – ma mi ha segnata psicologicamente. Mi ha lasciato la paura, l’ansia, i sensi di colpa ingiustificati. Fa male questo viaggio nel tempo, eppure sono felice di averlo fatto. Perché mi riporta una parte della mia identità, una parte di me che non voglio venga cancellata dall’oblio.
È un’esperienza dolorosa, ma necessaria. Soprattutto in questo presente. Perché non bisogna dimenticare. Ringrazio gli amici che mi hanno regalato la mia “macchina del tempo”, nel momento giusto, quando ne avevo più bisogno. E a tutti gli amici che sono interessati a quel periodo storico dell’Argentina, o del Cile, o di altri Paesi sudamericani, consiglio di leggere “La dimensione oscura” di Nona Fernández.
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