di PIER GIORGIO CAMAIONI (PGC) –
San Benedetto del Tronto – Circolo Nautico Ragn’a Vela
Se ho capito bene, la “nostra” lancettuccia – se fosse una biciclettuccia – sarebbe una Graziella. Invece quella del Ragn’ a Vela si chiama Pupina. E non è pieghevole. Però era anche lei agilissima e versatile da matti, quando navigava. Beh, navigava… pescava sottocosta qua davanti a vista di terra e di paranza. Faceva un po’ come il pendolo, dall’alba al tramonto. 4 metri e mezzo, la lunghezza di una macchina, ma se ci andavano in 4 non c’era spazio per i bagagli: i pesci.
Aveva una rudimentale vela a trapezio-quasi-triangolo detta “al terzo” (1/3 della vela sporgente oltre l’albero verso prua) con boma, colorata e con disegni facili facili. Niente motore (neanche i pedali, infatti nessuno la chiamava Graziella). Sulla grezza vela, continuamente bagnata con acqua di mare per irrobustirne la trama, l’importante era l’immagine – il Torrione, il gallo, l’ancora, Gesù, una stella marina, un gabbiano, una sirenetta… – oppure il simbolo del soprannome della famiglia proprietaria: siccome il padrone della Pupina lo si chiamava LIO’, Marcello Sgattoni gli dipinse un leone sulla vela rossastra.
Lance, lancette e lancettucce si riconoscevano benissimo così, senza numeri, senza marchi, senza sponsor, senza traccia di design. Ed erano belle. Lo stesso le grosse paranze dagli occhi teneri, che però avevano spettacolari vele triangolari senza boma e un piccolo fiocco a prua detto “mezzanella” per le andature di poppa, qualche volta.
Eh, sono ormai storie, oggi resta poco o niente. Per colpa nostra: con l’ultima lancetta, il Circolo dei Sambenedettesi ci fece allegramente la focara; l’ultima paranza – il glorioso San Benedetto Martire, primo peschereccio in legno che si spinse nell’Oceano a pescare sulle coste dell’Africa – fu “ruspato” in pubblico senza a né ba’ nel 2010; delle povere lancettucce ne restano solo 3 o 4, di cui la Pupina del Ragn’a Vela pluri-restaurata da Gino pare la meglio e da oggi ha la sua bella vela rimessa a nuovo col Leone Lio’ di Marcello Sgattoni.
C’è stata una festarella, si capisce. Con cosiddette autorità e prete benedicente, spumantino tiepido e un po’ di mangiare.
PGC
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