“Sottoboschi dell’inconscio” di Maxs Felinfer, una mostra per osservare il nostro mondo interiore

di ROSITA SPINOZZI –

ACQUAVIVA PICENA – “Sottoboschi dell’inconscio” è il suggestivo titolo della mostra pittorica di Maxs Felinfer che, dal 5 al 26 luglio, impreziosirà la sede dell’Associazione Terraviva in via Marziale 34 ad Acquaviva Picena. L’inaugurazione avrà luogo mercoledì 5 luglio alle ore 18, con l’introduzione di Annalisa Piergallini, l’illustrazione poetica di Patricia Vena e la partecipazione del Maestro Eduardo Piccione. Il celebre artista argentino, residente da oltre trent’anni in Italia, ripropone una serie di dipinti che si presentano ai nostri occhi come un intelligente scontro fortuito di getti di vernice acrilica che danzano con eleganza su tela, per poi essere osservati. In questo caso l’immagine ha l’importante ruolo di aprire le porte ad uno stato di grande benessere interiore, calmando l’eterna tensione generata dall’ansia. Quell’ansia che ormai regna sovrana nell’epoca confusa e caotica in cui viviamo. «L’ansia, pulsione originaria e motore dell’atto creativo, ha bisogno di essere calmata con la soddisfazione che l’individuo deve ricavare dalle sue attività vitali. – spiega Maxs Felinfer –  L’immagine è una rappresentazione completa e immediata del teatro della vita. L’immagine è uno specchio dove vedere riflesso il nostro stato d’animo: se è priva di aspetti  narrativi che permettono alla nostra razionalità di impadronirsi del dialogo, l’inconscio (Grande Altro) può identificarsi e uscire dalla condizione di sommerso». L’obiettivo di questa mostra? Per Maxs è indubbiamente quello di offrire specchi significativi che aprano le porte all’osservazione del mondo interiore.

Gli originali getti di vernice che danno origine ai “Sottoboschi dell’inconscio” di Maxs portano ad una osservazione attenta dell’opera dalla quale si determina una ridefinizione delle stesse immagini che si sono generate in modo “casuale”. Inizia, allora, la fase di rielaborazione. Compare così questa sorta di paesaggi, le cui caratteristiche sono riconducibili alle atmosfere naturali dei sottoboschi. «I parallelismi con lo stadio usuale del mondo sommerso consente all’individuo di familiarizzare con il suo mondo sconosciuto. – spiega Felinfer – Lo scopo di questa esperienza è fare in modo che Psiche, sommersa nelle paludi dei dolori rimossi, ma mai rivisti né affrontati e resi familiari in modo da perdere nei loro confronti ogni paura reverenziale, possa raggiungere la sua pienezza. Se sentiamo l’abbaiare grave e potente del cane che si trova nel cortile confinante l’angusto marciapiede sul quale dobbiamo passare, è inevitabile che la paura cresca dentro di noi. Se, invece, troviamo il modo di avvicinarci, parlando con lui, offrendogli qualche osso fino a potergli fare delle carezze, lui smetterà di abbaiare e noi smetteremo di avere paura. Arriverà un momento nel quale da quell’amicizia nascerà in noi un senso di conforto per essere riusciti a superare la limitazione, tanto da poter passare su quel marciapiede quante volte vorremo. Il risultato sarà una sensazione di felicità, accompagnata da una certa sottomissione da parte del cane».

Alla luce di queste interessanti considerazioni di Maxs Felinfer, appare chiaro che “Sottoboschi dell’inconscio” è molto più di una semplice mostra pittorica di un bravissimo artista, ma è un autentico viaggio dell’anima alla ricerca di qualcosa in grado di elevare noi stessi da tutto quello che ci tiene ancorati alle nostre paure. É un modo altro di vedere la realtà per “plasmarla” affinchè ci porti soluzioni positive che, spesso dipendono da noi soltanto, nel momento in cui riusciamo a guardare le cose con occhi diversi. Maxs è un artista completo ma non tormentato, dai suoi grovigli arborei c’è sempre lo spazio necessario per far filtrare la luce. Maxs è maestro d’arte e di vita, conosce bene il mondo e la sofferenza, ma tende al bello, alla pace interiore, ad una imprescindibile sensazione di felicità. Sono i suoi quadri a raccontarlo. Ma prima ancora i suoi occhi che, a dispetto del tempo che passa, non invecchiano mai. Hanno sempre una luce nuova e tante storie da raccontare. Ed io lo ringrazio sempre per questo. Per tutte le storie che, insieme a Patricia Vena – moglie amatissima ed eccelsa poetessa – mi ha raccontato in tanti anni di amicizia. Sono storie che vivono nei suoi quadri, pertanto destinate all’eternità.

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