Ci vuole Fiuto! – “Summer of Fear”, le paure metafisiche di oggi nella mostra di Marta Blue a Ripatransone

di PIER GIORGIO CAMAIONI (PGC) –

CI VUOLE FIUTO! – Marta Blue – “Summer of Fear” a cura di Alex Urso

(ph Ronan Chris Murphy), Ripatransone – Fiuto Art Space, dal 10 agosto al 6 ottobre 2024

RIPATRANSONE – “Per fare certe cose ci vuole orecchio!”, cantava Enzo Jannacci. Non era una canzonetta, era un’allegoria in musica, e aveva tanti sensi e messaggi. Come quello diretto ad intellettuali, musicisti, agli artisti in genere, sulla difficoltà di stare al tempo con la base, la massa, la gente: Non basta “aver tutta la voce in gola”, senza la base – senza la massa, la gente… – non si può cantare, e “con la base non si può stonare”. “E noi come dei pirla”, perché…“la base va avanti anche da sola”. Messaggio politico geniale, forte. “Per fare certe cose ci vuole orecchio!”, ma non solo. Se tra le “certe (altre) cose” vuoi inventare – e con un piccolissimo budget farla funzionare – una piccola Galleria d’Arte Contemporanea in un borgo di campagna (magari un po’ digiuno dal punto di vista dell’arte moderna/contemporanea), l’orecchio ti serve poco se non hai fiuto.

Perché, ad esempio, come scegliere e programmare gli artisti? Come ospitarne le opere in un spazio minimo? Come dare un senso alla sequenza di piccoli grandi eventi? Come attrarre gente distratta o poco curiosa, come appassionarla? Come “mettere in fila” gli artisti nel progetto che hai in mente? Come educare il borgo, e il circondario, a capire l’arte contemporanea? Come non perdersi? Ci vuole fiuto, fiuto continuo. Alex ne ha, è artista, è del mestiere, ha voglia, è giovane, è del posto. Quindi (e già da un po’) ecco FIUTO. Di nome e di fatto. Sì, per fare certe cose… CI VUOLE (anche) FIUTO!

Anche la più recente mostra “SUMMER OF FEAR”– Estate di (o da) paura – ne è la dimostrazione. Quadri di foto di paura. Ma non le paure democratiche e volgari dei nostri tempi d’estate – la paura dei ladri, degli incendi, delle bombe d’acqua; non le paure morbide degli anni ’60 – quelle sentimentali che Bruno Martino cantava in “Odio l’estate”; non le paure di morte della guerra nell’estate del ’40. Marta Blue fotografa le paure metafisiche di oggi frugando come una TAC nei nostri inconsci, indagando su azioni o pensieri rimossi o trasformati in ricordi.

Paure di un certo odore, volatili ma concrete, insite nel nostro DNA o pronte ad entrarci, di cui siamo inconsapevoli o da cui essere affascinati. Foto cinematografiche un po’ alla Dario Argento ma in chiave pop. Foto surreali come certe canzoni di Jannacci, dove la timidezza può non farti capire la tragedia, i tormenti, la paura delle cose e della gente, o del nulla. Foto fittizie del reale, di profonda bellezza. “Estate di (o da) paura” dove la paura, audacemente fotografando anche se stessa, si lascia scoprire ma non comprendere, e vi intravvediamo un futuro che forse (non) è “un buco nero in fondo al tram” (E.J. – Io e te – 1979).  Magari anche la paura ha un fiuto.

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