di REDAZIONE –
“La montagna è finita” focalizza i problemi legati a spopolamento, crisi economica, calamità naturali e mancanza di infrastrutture. Lo spettacolo finora non ha avuto visibilità in Italia, ma l’interesse che ha suscitato nel nord Europa lascia sperare che possa presto trovare gli spazi adeguati –
Andrà in scena sabato 19 ottobre, al Teatro “Malpertuis” di Tielt, in Belgio, un’altra replica dello spettacolo “La montagna è finita” che, dopo aver debuttato a Genk il 25 novembre 2023, è stato poi riproposto a Mechelen, Hasselt, Bruxelles, Courtrai, Gand, Anversa (una ventina di rappresentazioni in tutte le Fiandre), sempre con notevole successo. Edoardo Ripani, nato a San Benedetto del Tronto, regista e performer teatrale, dopo essersi formato come attore nella sua regione d’origine, nel 2018 ha conseguito il Master in regia teatrale presso il RITCS – School of Arts di Bruxelles, dove vive da diversi anni.Nei suoi spettacoli utilizza e combina materiale documentario (articoli, testimonianze, fatti reali) per poi tradurli in forma teatrale.
“La montagna è finita” ha come filo conduttore l’organetto suonato da Ermelindo Bruni, un novantatreenne (purtroppo scomparso a dicembre 2023) emigrato dalle Marche nelle miniere belghe: si susseguono immagini, ricordi personali, poesie, tra cui quella di Pasolini, arriva la violenta scossa di terremoto che ha sconvolto l’Appennino e infine la preparazione della pasta, uno dei simboli dell’italianità che, nello spettacolo, diventa metafora di tradimento. Ripani è in scena con Monia Fontana e Diego Quattrociocchi, eccezionali testimoni del tragico terremoto del 2016, i quali vivono tuttora sull’Appennino; non sono attori professionisti, ma narrano la loro esperienza con straordinaria emozione ed autenticità, senza filtri, facendo comprendere come sia difficile, per i residenti di quei luoghi, poter immaginare un futuro.
Lo spettacolo riesce a descrivere in forma artistica il senso di abbandono e di rabbia che si sono mescolati e nutriti a vicenda, racconta quello che è vissuto come un tradimento politico. Anche se, grazie a Monia Fontana e Diego Quattrocchi, si intravede la speranza di una rinascita. Ripani dà voce ad un personaggio proveniente dalla città, dalla “capitale”, che ha uno sguardo esterno distaccato, a tratti indisponente e che si trasforma in un politico che fa promesse eclatanti, non mantenute, davanti ad un piatto di pasta all’amatriciana che diviene emblema dell’inganno, dello scollamento tra la politica e le reali esigenze delle persone colpite dal gravissimo sisma; egli si trasforma in un animalesco, ributtante essere.
“La montagna è finita” focalizza i problemi legati a spopolamento, crisi economica, calamità naturali e mancanza di infrastrutture che hanno reso l’area dell’Italia Centrale uno dei “luoghi dimenticati” d’Italia e d’Europa. Ma non si tratta di una situazione specifica: l’Appennino centrale e le sue comunità sono esempi di altre piccole comunità sparse nel continente europeo, emarginate e disgregate dalla globalizzazione degli ultimi decenni. “La montagna è finita” finora non ha avuto visibilità in Italia, ma l’interesse che ha suscitato nel nord Europa lascia sperare che anche da noi possa presto trovare gli spazi adeguati.
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